790 miliardi di dollari: è questo il costo che i Paesi in via di sviluppo dovranno sostenere per adattarsi ai cambiamenti climatici, se non verranno mantenuti gli impegni sul taglio dei gas nocivi. Inizia oggi COP21 a Parigi, in contemporanea alla marcia globale per il clima di Roma e in molte capitali mondiali questa domenica, Oxfam pubblica il rapporto “Le chiavi di svolta per l’accordo sul clima di Parigi” nel quale le conseguenze dei disastri ambientali sono quantificate dettagliatamente. Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Elisa Bacciotti, ricercatrice di Oxfam Italia:
R. – Secondo le nostre stime, un innalzamento di tre gradi delle temperature a livello globale, da qui fino al 2050, comporterebbe per i Paesi in via di sviluppo un aumento dei costi pari a 273 miliardi di dollari all’anno. Cifra comunque irrisoria se consideriamo che a questa va sommata la perdita in Pil dell’economia nazionale di questi Paesi.
D. – I fondi promessi per l’adattamento al cambiamento climatico sono stati erogati solo in minima parte: a cosa servivano principalmente? E come andrebbero poi ristabiliti e ridivisi?
R. – Pensate solo che se suddividessimo tutti i fondi già erogati per questo fine tra il miliardo e mezzo di contadini che lavorano nel mondo e che ne hanno bisogno, ogni contadino riceverebbe appena 3 dollari l’anno, che dovrebbero servire a questo contadino e alla sua famiglia per proteggersi da alluvioni, siccità e altri fenomeni climatici estremi che purtroppo vediamo quotidianamente nel nostro lavoro: in Vietnam, in Laos, in Cambogia, in Honduras e anche in molti altri Paesi. Risulta ovvio che per il momento questi aiuti sono veramente insufficienti.
D. – Cosa è cambiato dagli impegni siglati a Copenaghen, sei anni fa?
R. – Quello che è cambiato è che a oggi, oltre 150 Paesi – dal 2009 in poi – hanno assunto impegni fondamentali per il taglio delle emissioni. Quindi non solo è importante contenere i disastri ambientali ma anche diminuire i gas nocivi. Ci sono state anche prese di posizione importanti: dal segretario delle Nazioni Unite, da Papa Francesco e da altri rappresentanti religiosi, che hanno fatto cambiare il modo in cui molti Paesi del mondo guardano alla necessità di lottare contro il cambiamento climatico.
D. – Quali esempi positivi di contrasto ai disastri ambientali si possono già osservare? E poi, quali sviluppi sono auspicabili con la COP21 di Parigi?
R. – Per esempio, in Thailandia noi abbiamo da tempo attivato un programma per la produzione di riso, tenendo conto dell’impatto del cambiamento climatico nella regione, cercando di dare ai contadini strumenti per poter lavorare o coltivare il riso anche in situazioni di cambiamento climatico. Molti altri stati si stanno impegnando puntando sull’agroecologia. Una cosa molto concreta che può essere fatta a livello europeo, è la futura tassa europea sulle transazioni finanziarie: questa tassa può essere devoluta in parte a finanziare il fondo verde per il clima delle Nazioni Unite. Potrebbe quindi arrivare a lottare contro il cambiamento climatico e a permettere alle comunità di adattarsi ai suoi effetti.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Veronica Di Benedetto Montaccini)
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