“Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti (Fil 4,4). C’è qualcosa dentro di noi che ci invita alla gioia e a non adattarci a palliativi che cercano semplicemente di accontentarci”. Con queste parole Papa Francesco ha iniziato la sua omelia che prende spunto dal racconto della vita di fra Junípero Serra, missionario tra i nativi della California. Il nuovo santo ha saputo vivere quello che è “la Chiesa in uscita”, questa Chiesa che sa uscire e andare per le strade, per condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio. Ha saputo lasciare la sua terra, ed ha avuto il coraggio di aprire vie, ha saputo andare incontro a tanti imparando a rispettare le loro usanze e le loro caratteristiche.
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“Junipero” – prosegue Papa Francesco – “ha cercato di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato. Abusi che oggi continuano a procurarci dispiacere, specialmente per il dolore che provocano nella vita di tante persone. Scelse un motto che ispirò i suoi passi e plasmò la sua vita: seppe dire, ma specialmente seppe vivere dicendo: «Sempre avanti». Questo è stato il modo che Junipero ha trovato per vivere la gioia del Vangelo, perché non si anestetizzasse il suo cuore. E’ stato sempre avanti, perché il Signore aspetta; sempre avanti, perché il fratello aspetta; sempre avanti per tutto ciò che ancora gli rimaneva da vivere; è stato sempre avanti. Come lui allora, anche noi oggi possiamo dire: sempre avanti”.
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Francesco, citando la Evangelii Gaudium, ci esorta a vivere una vita in uscita annunciando il Vangelo: “Andate agli incroci delle strade, andate… ad annunciare senza paura, senza pregiudizi, senza superiorità, senza purismi a tutti quelli che hanno perso la gioia di vivere, andate ad annunciare l’abbraccio misericordioso del Padre. Andate da quelli che vivono con il peso del dolore, del fallimento, del sentire una vita spezzata e annunciate la follia di un Padre che cerca di ungerli con l’olio della speranza, della salvezza. Andate ad annunciare che gli sbagli, le illusioni ingannevoli, le incomprensioni, non hanno l’ultima parola nella vita di una persona. Andate con l’olio che lenisce le ferite e ristora il cuore”.
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Sempre avanti, senza permettere alle tensioni della vita quotidiana di anestetizzarci il cuore: “Non vogliamo che la rassegnazione sia il motore della nostra vita – domanda il Santo Padre – o lo vogliamo? Non vogliamo che l’abitudine si impossessi delle nostre giornate – o sì? Per questo possiamo domandarci: come fare perché non si anestetizzi il nostro cuore? Come approfondire la gioia del Vangelo nelle diverse situazioni della nostra vita?”
“Gesù lo ha detto ai discepoli di allora e lo dice a noi oggi: Andate! Annunciate! La gioia del Vangelo si sperimenta, si conosce e si vive solo donandola, donandosi”.
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Un invito a non fermarsi mai, ma anche una esortazione a non pianificare nel dettaglio le nostre iniziative: “La missione non nasce mai da un progetto perfettamente elaborato o da un manuale molto ben strutturato e programmato; la missione nasce sempre da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata. La missione nasce dal fare esperienza una e più volte dell’unzione misericordiosa di Dio”.
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Avanti, in uscita, accogliere gli altri senza curarci troppo del possibile fallimento. D’altra parte, Papa Francesco lo ha ripetuto più volte, meglio una Chiesa incidentata piuttosto che una Chiesa ammalata, chiusa in se stessa: “La Chiesa, il Popolo Santo di Dio, sa percorrere le strade polverose della storia attraversate tante volte da conflitti, ingiustizie, violenza, per andare a trovare i suoi figli e fratelli. Il Santo Popolo fedele di Dio non teme lo sbaglio; teme la chiusura, la cristallizzazione in élite, l’attaccarsi alle proprie sicurezze. Sa che la chiusura, nelle sue molteplici forme, è la causa di tante rassegnazioni”.
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Per la terza volta nella giornata Papa Francesco è tornato a parlare anche di immigrazione. Lo aveva già fatto alla Casa Bianca e nel corso dell’incontro con i Vescovi degli Stati Uniti nella cattedrale di San Matteo: “Gesù vi manda a tutte le nazioni. A tutte le genti. E in questo «tutti» di duemila anni fa eravamo compresi anche noi. Gesù non dà una lista selettiva di chi sì e chi no, di quelli che sono degni o no di ricevere il suo messaggio, la sua presenza”.
Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0
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