In Italia, novità annunciate per il mondo carcerario, secondo il decreto governativo convertito in legge sabato scorso, dopo l’approvazione con voto di fiducia al Senato. Novità nel sistema detentivo che continuano ad aprire dibattito. Il testo prevede oltre 20 milioni di euro da qui al 2016 per indennizzare i detenuti sottoposti a trattamenti inumani, meno carcere preventivo e priorità agli arresti domiciliari, oltre a più magistrati di sorveglianza e agenti penitenziari. Roberta Gisotti ha intervistato don Virgilio Balducchi, Ispettore generale dei Cappellani delle Carceri italiane:
Sono 204 i penitenziari in Italia, 54.414 i detenuti, 5.012 in più rispetto ai posti disponibili, un terzo sono stranieri, 36.415 condannati in via definitiva, gli altri per metà in carcere preventivo e per metà in attesa di giudizio definitivo. Favorevole all’impianto generale della nuova legge è don Balducchi:
R. – Si va verso una conduzione della giustizia che utilizzi il meno possibile il carcere. Questa scelta di costruire delle pene sul territorio è più responsabilizzante per le persone, perché le mette nella condizione di dover rispondere alle loro responsabilità: si va a lavorare per mantenere anche la propria famiglia e, se si ha un reddito, per ricominciare a riparare anche economicamente ai danni fatti, ad esempio. Gli arresti domiciliari dovrebbero però essere accompagnati da un’opera sul territorio che permetta a queste persone di fare qualche piccola attività o dei lavori socialmente utili o del volontariato…
D. – Pene sul territorio che vanno quindi organizzate, anche per quietare i timori di chi teme una ricaduta sul territorio di reiterata criminalità…
R. – Il rischio aumenta se le persone non sono in grado di “reggere” economicamente.
D. – Altro punto è il risarcimento per chi è sottoposto a trattamenti inumani…
R. – Questo è un punto dolente. Comprendo chi dice: “Come? Dobbiamo anche tirare fuori dalle casse dello Stato dei soldi per chi?”… Ma chiunque di noi venga danneggiato, che cosa chiede? Almeno un risarcimento economico.
D. – Sarebbe forse meglio sapere che la dignità dei carcerati sarà garantita, piuttosto che sarà risarcita?
R. – Questo sicuramente, perché pagare la dignità con i soldi non è la cosa migliore di questo mondo, anche perché in questo modo viene monetizzato tutto. Però, di fatto, in alcuni procedimenti giuridici la mediazione viene fatta fondamentalmente su un accordo economico. Ripeto, quindi, questa sicuramente non è la migliore scelta: la migliore scelta sarebbe avere meno gente in carcere e dei luoghi di detenzione dignitosi.
D. – Che dire invece dei benefici per i minori che sono estesi fino ai 25 anni: vengono alzati quindi dai 21 ai 25 anni…
R. – Questa scelta ha l’intenzione, e spero sia compresa in questo modo, di permettere che la società si renda conto che i giovani che commettono reati sono anche frutto di un ambiente, di un modo di vivere. Favorire quindi l’elemento educativo rispetto alla pena: io questo lo vedo in modo positivo. Bisognerà poi verificare in che termini anche questo aspetto abbia le gambe per essere costruito in maniera decente. Per poter avere delle alternative per ragazzi di 24-25 anni, bisogna avere maggiori posti ad esempio nelle comunità e devono essere seguiti sul territorio in maniera diversa. Il problema rimane se la normativa non viene accompagnata anche da politiche sociali, che intervengano sulle situazioni
D. – Importante è sensibilizzare tutti al mondo del carcere, che non è un mondo “altro”…
R. – Non è il frutto della cattiveria di tutti quelli che sono in carcere. Le persone che sono in carcere, che hanno le loro responsabilità e di cui devono risponderne, sono però persone che vivono nelle nostre società. È una chiamata di corresponsabilità ad affrontare il male.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana