Gesù vuole scelte radicali sia da chi vive una vita laica, sia da chi sceglie quella religiosa e si consacra totalmente a Lui. È questo il centro del libro “Il discepolato radicale” del card. Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e presentato ieri presso la nostra emittente. Ce ne parla Roberta Barbi:
Non c’era modo migliore di celebrare l’Anno della Vita consacrata indetto da Papa Francesco che con un libro che si pone l’obiettivo di riportare l’attenzione sulla bellezza di questa forma particolare di sequela Cristi, quella, cioè, di chi risponde alla chiamata del Signore abbracciando la vita religiosa. Ognuno, però, ha la sua vocazione e a tutti Gesù chiede scelte radicali, come sottolinea il card. Arinze , autore di “Il discepolato radicale”:
“Anche dalla mia esperienza, ma soprattutto dal Vangelo, è Gesù che chiama e dice: “Seguitemi”. E ci sono molti modi di seguire Gesù: il modo dei vescovi, dei sacerdoti e poi il modo della maggioranza della Chiesa che sono i fedeli laici. La Chiesa siamo tutti noi, i battezzati che formano un corpo in Cristo. Conviene che riflettiamo su questo modo di seguire Gesù, un modo abbastanza radicale, perché Gesù consiglia di vendere tutto quello che uno ha, darlo ai poveri e seguirlo”.
Ai consacrati è riservata la professione dei tre voti di castità, povertà e obbedienza, che sradicano le concupiscenze per rendere l’anima più libera di cercare Dio. Sacrifici volontari come la rinuncia al matrimonio, ai beni e al proprio volere per seguire Gesù in modo totale, come ricorda ancora il porporato:
“Ascoltare il Vangelo, riflettere, meditare, pregare, elevare il cuore e la mente a Dio, ringraziare, adorare: questo è necessario per tutti noi, ma per chi vuole seguire Gesù più da vicino, con più slancio, ci sono poi i tre voti della vita religiosa”.
Eppure a volte la vocazione iniziale non basta. Anche per i religiosi molte sono le sfide da affrontare e le difficoltà cui far fronte: una scarsa motivazione, l’offuscamento della visione di fede, la perdita della centralità dell’unione con Dio e un eccessivo sbilanciamento verso attività di ministero, a discapito della preghiera e dell’attenzione per la vita fraterna in comunità. Le ricorda mons. José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica:
“Sono queste le cause di fondo, che conducono prima o poi a vivere la propria consacrazione come un peso, fino ad annacquare progressivamente la fedeltà ai voti e a decidere infine di lasciare. Questo elenco di cause potrà aiutare molto ad affrontarle con molto realismo e serietà nella formazione”.
Se il calo delle vocazioni e gli abbandoni sono una realtà, in Occidente, ci sono però luoghi dove le chiamate aumentano e ci sono molti religiosi giovani. É il caso dell’Africa, una delle periferie di cui spesso parla Papa Francesco, tanto cara al card. Arinze che ci spiega anche cosa possiamo fare per far fiorire le vocazioni:
“Pregare certamente, cominciare dalla famiglia: i genitori educhino i figli ad apprezzare cosa è la religione. La religione è soprattutto attenzione a Dio, questo è necessario per tutti noi, poi, se uno vuole continuare su quella strada in modo più impegnativo, può arrivare a farsi consacrato”.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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