R. – Abbiamo visto tante immagini violente, orribili riguardo all’Iraq, mentre in questa occasione abbiamo avuto immagini di fraternità, di luce e anche di fede. Quello che ammiro di più dei cristiani perseguitati – e il Papa li ha ringraziati per questo – è che sono rimasti fedeli: nonostante le persecuzioni, nessuno ha rinnegato Cristo. Era stato detto loro: “O vi convertite all’islam, o prendete lo status di ‘dhimmi’ – che è una sorta di schiavitù – oppure ve ne andate, oppure sarete uccisi”. E sono partiti tutti. Questo è un segno di fedeltà a Cristo! Certamente, poi, c’è il contraccolpo, perché non hanno più la loro casa, non hanno più il loro lavoro, i figli non vanno a scuola, hanno lo stretto indispensabile per proteggersi dal freddo, dalla pioggia, per mangiare e vestirsi… E’ tempo di verificare che abbiano quanto è necessario da un punto di vista medico e sanitario e poi che si possano far tornare i bambini a scuola. Non ci sono ambienti per accoglierli, non ci sono le classi, non c’è nemmeno materiale scolastico… E poi serve che tutti possano ritrovare un lavoro. A Erbil c’è vita, e c’è anche molto lavoro … E’ bello anche vedere che tutte le associazioni che vengono dall’Europa non portano con sé cose materiali: vengono e fanno lavorare le persone sul posto, secondo il mestiere di ciascuno. E questo, naturalmente, è molto bello.
Sull’importanza di questa vicinanza del Papa si sofferma, sempre al microfono di Ciprien Viet, anche il patriarca Louis Raphaël I Sako di Babilonia del caldei:
R. – Oh, ci ha dato molto! Intanto, un sostegno morale e spirituale straordinario. Ha visto quante persone c’erano? Erano oltre 5 mila persone in strada, davanti alla statua della Vergine Maria! Ho visto le lacrime negli occhi delle persone, lacrime di gioia e di speranza: perché sono molto colpiti da questa presenza, che è una presenza non solo di solidarietà, sia pur da lontano, ma una presenza fisica. Loro sono qui, tra noi, per condividere con noi la nostra sofferenza ma anche la nostra speranza.
D. – La processione di sabato sera è un segno: significa che i cristiani possono ancora vivere la loro fede liberamente, pubblicamente, in Iraq?
R. – Infatti. E lei ha visto anche che il dono semplice di una candela fa la festa. Hanno bisogno di un piccolo gesto perché siano rassicurati di non essere stati dimenticati o isolati. Ecco perché questa visita ha donato molto a queste famiglie sfollate.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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