Ultimi preparativi a Firenze, dove Papa Francesco si recherà martedì 10 novembre in occasione del Convegno ecclesiale nazionale. Il Pontefice vivrà una giornata intensa, ricca di momenti di incontro con la comunità ecclesiale e civile del capoluogo toscano.
Al microfono di Alessandro Gisotti, il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, parla dell’attesa e delle sue speranze per questa visita:
R. – Anzitutto vorrei ribadire la gioia, mia personale e di tutta la comunità fiorentina, per questo dono che il Papa ci fa. Ce lo fa indirettamente, nel senso che viene per il Convegno ecclesiale nazionale e dal momento che quest’ultimo è qui a Firenze, siamo lieti di poterlo accogliere in visita tra di noi come il Pastore della Chiesa universale. È un momento quindi di grande gioia, e vogliamo essere pienamente in sintonia con la sua missione e la sua presenza nella Chiesa oggi.
D. – Colpisce che in una visita di poche ore Francesco trovi spazio per tutti e soprattutto per gli ultimi, i malati, i poveri, e anche i detenuti, in un qualche modo, perché l’altare per la Messa nello stadio è opera dei detenuti del carcere fiorentino…
R. – Noi abbiamo voluto che fossero presenti accanto al Papa tutte le realtà della nostra diocesi. Il Papa farà, come è tradizione in queste occasioni, la Santa Messa partecipata a tutta la popolazione della nostra città. Però ha voluto anche ritagliare due momenti: un momento di preghiera davanti a Maria insieme ai malati e un momento di condivisione insieme con i poveri.
D. – In questi giorni avrà modo di parlare con tanti fedeli della sua diocesi: quali sono le cose che l’hanno colpita di più?
R. – Tutti lo sentono come un padre: tutti vorrebbero parlarci, vorrebbero incontrarlo. La gente lo sente soprattutto come un padre vicino, che è partecipe delle difficoltà del tempo di oggi e che li comprende, li capisce. La gente sente questo Papa come un Papa che capisce le sofferenze e le difficoltà del popolo semplice, il popolo fedele di Dio.
D. – Il tema chiave del Convegno è l’umanesimo: un nuovo umanesimo. Firenze è ovviamente la culla dell’umanesimo, e Papa Francesco viene a ribadire che in Cristo si è sempre nuovi, e c’è sempre un nuovo umanesimo da scoprire…
R. – Direi che è una grande sfida del tempo presente quella di dare a questa situazione dell’esistenza umana che si va disfacendo dietro a tante sollecitazioni contrarie, la possibilità di ricostruirsi un’immagine che sia fedele alla sua origine, che appunto il Creatore stesso ha impresso dentro di noi: l’immagine del Suo Figlio. Questo è il messaggio che vorremmo dare: un messaggio quindi di speranza innanzitutto. E poi un messaggio che sia un messaggio concreto, nel senso che, più che fare un discorso sull’uomo, il Convegno cercherà di reperire tutte le esperienze di buon umanesimo che oggi si realizzano anche nelle nostre società a combattere le tante disumanizzazioni. E al centro di quest’umanesimo c’è anzitutto il valore della carità, dell’attenzione ai poveri, come peraltro è nella tradizione del vero umanesimo fiorentino.
D. – Cosa spera e cosa pensa che invece Francesco riceverà dalla comunità di cristiani e non solo – di Firenze – nelle poche ma intense ore in cui sarà proprio nella vostra città?
R. – Il volto principale che noi offriamo a tutti quelli che vengono a Firenze ovviamente è quello della bellezza: Firenze è la città in cui la dimensione della bellezza ha trovato un’espressione altissima. Io mi auguro che il Santo Padre possa comprendere come questa bellezza non sia il prodotto di qualche artista geniale, ma sia il frutto di una società che nei secoli si è costruita in armonia; e nei suoi periodi migliori quest’armonia l’ha trovata in una unità tra la ricerca della verità, la ricerca del bene e la ricerca del bello. Quando i fiorentini vollero trovare una casa per i bambini abbandonati, non la fecero fare al primo geometra che incontrarono, ma la fecero fare al più grande architetto del tempo: Filippo Brunelleschi.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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