Tanti i contributi presentati dai vescovi di ogni parte del mondo al Sinodo sulla famiglia. L’assise è vissuta dai padri partecipanti come una grande esperienza di Chiesa universale. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza il cardinale Philippe Nakellentuba Ouedraogo , arcivescovo di Ouagadougou, in Burkina Faso:
R. – E’ veramente un cammino, un cammino ecclesiale cum Petro sub Petro, con il Santo Padre. Questa è un’esperienza fantastica, tanti uomini, tanti colori, tante lingue! E’ veramente un dono di Dio alla sua Chiesa. Noi vorremo vivere soprattutto la comunione al di là delle diversità delle situazioni pastorali, culturali: siamo uniti nello stesso servizio della Chiesa, del Vangelo. Capire qual è il progetto di Dio sull’uomo, sulla donna, sul matrimonio, sulla famiglia: questo è essenziale. Noi siamo una terra di “prima evangelizzazione”, abbiamo appena un secolo di cristianesimo; ciò che è importante per noi è conoscere meglio Cristo, sapere meglio il progetto di Dio sul matrimonio, sulla famiglia. E sono d’accordo con il Santo Padre quando dice che la Chiesa dovrebbe essere una casa aperta, un ospedale da campo con la porta largamente aperta e tutti entrano, ognuno con i propri problemi. E’ quella dimensione pastorale che dovrebbe aiutare i pastori a essere attenti a tutto quello che vive qualsiasi uomo.
D. – Perché c’è bisogno di ridire il disegno di Dio, sull’uomo e sulla donna, sul matrimonio, la famiglia? E’ cambiato qualcosa rispetto al passato?
R. – Come diceva Giovanni XXIII al Concilio Vaticano II, il Vangelo non cambia, è la nostra comprensione che cambia.
D. – Verità e misericordia: si parla molto di queste due dimensioni come inscindibili e nel contempo ci si interroga su situazioni inedite per la Chiesa, su come porsi, ad esempio, rispetto alla questione sacramentale nei confronti dei divorziati risposati…
R. – La verità del Vangelo, verità e misericordia… Quest’anno sarà un anno di misericordia. Ecco questa misericordia è una chiamata ad essere “buon samaritano”, soprattutto i pastori devono accogliere tutti. Abbiamo sfide comuni, la finalità del matrimonio, il benessere dei coniugi, la procreazione, l’educazione, l’unità, l’unicità. Il matrimonio è monogamo, esclude la poligamia, l’infedeltà… Il secondo aspetto è l’indissolubilità. Ogni Paese ha le sue sfide. In Europa avete soprattutto questa sfida dei divorziati risposati, in Africa ne abbiamo altre: per esempio, la poligamia che secondo il costume è la poligamia simultanea, cioè un uomo con più mogli.
D. – A seconda delle sfide è necessario mutare atteggiamento anche per quanto riguarda l’accesso ai sacramenti, secondo lei?
R. – Anche in Europa voi vivete un tipo di poligamia, i divorziati risposati, qualcuno ha 4, 5, 6 mogli…, no? Questo è un modo di spiegare le cose… L’atteggiamento è quello di aiutare tutti a camminare verso l’ideale. Non si può dire che dovremmo ammettere tutti i divorziati all’Eucaristia o alla penitenza o battezzare tutti i poligami… La misericordia presuppone la verità, presuppone la conversione. Non bisogna condannare ma cercare di aiutare qualunque persona a capire che qualunque situazione è una situazione di salvezza. Anche i divorziati risposati sono amati da Dio, come i poligami sono amati da Dio…
D. – Anche se non accedono all’Eucaristia…
R. – L’Eucaristia è una tappa ma ci sono tante tappe che possono aiutare qualunque battezzato a vivere la propria fede, ad essere nella verità e nell’umiltà.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)