La legge, pur nel suo rigore, abbia un fremito di compassione e sia sempre lontana dalle tentazioni della vendetta e del populismo penale: questo il richiamo del cardinale segretario di Stato Card. Pietro Parolin, nella S. Messa presieduta stamani in Governatorato per l’inaugurazione dell’86.mo anno giudiziario del Tribunale Vaticano. Il servizio di Isabella Piro per la Radio Vaticana:
Giudizio equo ha fremito di compassione
Si richiama a Don Bosco e all’importanza del suo metodo preventivo, non repressivo, basato sull’ascolto e il dialogo, l’omelia del card. Parolin. Proprio oggi, infatti, si celebra la memoria liturgica del fondatore dei Salesiani, mentre l’anno 2015 festeggia il bicentenario della sua nascita. Il card. Parolin sottolinea dunque che “la legge pur necessaria, da sola non basta” poiché essa ha “carattere strumentale” e serve a guidare al bene. Solo “il riferimento alla dimensione soprannaturale” – ha affermato – “consente la formulazione di un giusto ed equo giudizio nel quale – pur nel doveroso rispetto della legge, nella tutela dei diritti e nella imprescindibile difesa dell’ordine e della pace sociale – vibri tuttavia un fremito di compassione, cioè di amore e di capacità di farsi carico della sofferenza altrui, anche di quella di colui che viene giudicato”.
No a incitazione vendetta e populismo penale
Il segretario di Stato cita la “geniale intuizione di Don Bosco, che risolutamente condannava il metodo repressivo e puramente vendicativo e proponeva quello preventivo, basato sull’ascolto, il dialogo e una naturale benevolenza. Il sistema repressivo – scriveva Don Bosco – può impedire apparentemente un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti… Ho avuto sempre paura di chi ama la giustizia ad ogni costo, pronto a mettere in croce chi sbaglia, convinto che l’inasprimento delle pene cambi le persone”. E il card. Parolin ricorda anche l’appello di Papa Francesco contro “l’incitazione alla vendetta ed al populismo penale” ed in favore del primato della dignità della persona umana sopra ogni cosa. D’altronde, aggiunge il porporato, la fonte principale del diritto dello Stato della Città del Vaticano è il Diritto canonico, il cui fine ultimo è la salvezza delle anime.
Coniugare rigore legge e benevolenza
Di qui, il richiamo ad unire alla certezza del diritto l’equità del diritto naturale, in base al bene comune ed al principio di carità e misericordia. Si tratta, dunque, di “coniugare il necessario rigore della legge con la certezza giuridica che ne deriva, con l’aequitas che, in ultima analisi – conclude il card. Parolin – non si discosta da quell’esortazione di Don Bosco alla fermezza, unita alla benevolenza”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana