Categorie: Sancta Sedes

Card. Parolin: nozze gay in Irlanda, sconfitta per l’umanità

Non solo una sconfitta dei principi cristiani, ma anche una sconfitta per l’umanità.  Il segretario di Stato vaticano, il card. Parolin, ha definito in questo modo il risultato del referendum sulle nozze gay in Irlanda. Il cardinale è intervenuto ieri sera al premio per la Dottrina Sociale della Chiesa, bandito dalla Fondazione Centesimus Annus. Il servizio di Alessandro Guarasci per la Radio Vaticana:

La famiglia, fondata dall’unione tra due persone di sesso diverso, va sempre  tutelata. La Chiesa ritiene, comunque, che si debba tenere conto del risultato del referendum in Irlanda. Il cardinale Pietro Parolin:

“Questi risultati mi hanno reso molto triste. Certo, come ha detto l’arcivescovo di Dublino, la Chiesa deve tenere conto di questa realtà, ma deve tenerne conto nel senso che, a mio parere, deve rafforzare proprio tutto il suo impegno e fare uno sforzo per evangelizzare anche la nostra cultura. Ed io credo che non sia soltanto una sconfitta dei principi cristiani, ma un po’ una sconfitta dell’umanità”.

Sulla vicenda dell’ambasciatore francese presso la Santa Sede, il dialogo con Parigi è ancora aperto. E poi la situazione in Grecia, con le trattative con la Troika sul rientro del debito. Il rischio è la destabilizzazione per l’intero continente?

“E’ una situazione che potrebbe portare appunto ad una certa destabilizzazione. Quindi ci auguriamo che al più presto si possa giungere ad un accordo, si possa giungere ad una soluzione”.

Durante la premiazione per le opere sulla Dottrina Sociale della Chiesa, il cardinale ha detto che la crisi attuale non è solo economica e finanziaria, ma anche antropologica. In sostanza si è creata l’idolatria del denaro, senza radici e senza un vero scopo umano, colpendo in tal modo la stessa economia e riducendo la persona al consumo e allo spreco. Dunque, bisogna sempre più legare economia e sviluppo.

E al convegno della fondazione Centesimus Annus su economia e vita sociale svoltosi in Vaticano l’Europa è stata al centro dell’attenzione:  la disoccupazione nel Vecchio Continente è all’11.3%, con punte del 25% in Grecia e del 23% in Spagna. Dunque il pericolo è di una ripresa che non porti con sé posti di lavoro. Dall’Osservatore della Santa Sede a Ginevra mons. Tomasi l’invito ad una maggiore solidarietà nei confronti della Grecia. Il servizio di Alessandro Guarasci:

La ripresa per la maggior parte dei Paesi europei e per le aree industrializzate è arrivata. Secondo il Fondo Monetario Internazionale il Pil globale dovrebbe crescere quest’anno del 3.5%. Eppure i posti di lavoro mancano. Insomma, l’economia sembra sempre meno a servizio dell’uomo, dicono dalla Fondazione Centesimus Annus. La riflessione dell’economista Enrico Giovannini:

R. – Sappiamo che una rivoluzione industriale distrugge inizialmente lavoro e magari crea lavoro in altre nuove attività. Il secondo rischio è che in un mondo globalizzato non è detto che si crei lavoro laddove questo è stato distrutto. Questo è il tema che riguarda la capacità di un Paese di essere innovatore, di essere in alto nella gamma dei prodotti, proprio per evitare di soffrire troppo della concorrenza di chi basa soltanto questa sui prezzi bassi, come per esempio i Paesi emergenti.

D. – In Italia, prendendo un po’ esempio dagli altri Paesi anglosassoni, si stanno applicando nuove normative sul lavoro: il “Jobs Act”. Lei quanta fiducia ha in queste normative?

R. – In questo momento, questa normativa – anche perché è stato dato un forte incentivo fiscale – sta consentendo di trasformare i contratti a termine in contratti che si chiamano a tempo indeterminato anche se in realtà l’impresa può sempre sospenderli, ancorché pagando un’indennità al lavorare licenziato. Il punto è la struttura pubblica e non solo, anche privata, per le politiche attive del lavoro, cioè per aiutare le persone che perdono il lavoro a ritrovarlo. Par darle solo una cifra, in Germania c’è un sistema di 90 mila persone che si occupa di ritrovare lavoro alle persone che l’hanno perso; in Italia ne abbiamo circa ottomila, alcune delle quali hanno contatti a tempo determinato. Quindi va bene un certo tipo di flessibilità, ma solo nella misura in cui c’è un sostegno forte per le persone che sono in difficoltà. Questo riguarda non solo chi perde il lavoro ma anche chi è povero, magari non ha mai lavorato. Questa è la ragione per cui quando ero ministro ho molto spinto per questo reddito a un minimo condizionato e mi fa molto piacere che il Papa l’altro giorno durante l’incontro con le Acli abbia ritenuto che questa sia un’infrastruttura necessaria per una società moderna.

L’area dell’Euro è destabilizzata dalla situazione in Grecia, una crisi che per molti va governato. Di questa opinione anche mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra:

R. – Naturalmente un aspetto fondamentale dell’essere umano è anche quello di sentirsi solidale con gli altri perché è parte di quello che siamo: se noi partiamo da questa premessa, la solidarietà diventa una strategia anche politica che porta a conseguenze operative e pratiche che sono di beneficio per tutti. Quindi se c’è un Paese che ha dei problemi non è che isolandolo ci proteggiamo; ci proteggiamo partecipando ai problemi del Paese che è in crisi e aiutandolo a risolverli.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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