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R. – Il Papa va a condividere la gioia e la celebrazione di quella Chiesa e va anche per firmare una dichiarazione comune, una dichiarazione che si colloca un po’ sulla scia di quella già firmata a Gerusalemme, nel maggio scorso. L’intenzione è rafforzare i legami di amicizia, di collaborazione, di dialogo fra le due Chiese e di esprimere preoccupazione per la situazione e la sorte di tanti fratelli cristiani che si trovano in condizioni di difficoltà e di persecuzione, soprattutto nella regione del Medio Oriente.
D. – Impossibile non pensare alla delicata situazione in Medio Oriente, resa ancor più precaria dall’opera sanguinaria del sedicente Stato Islamico. La pace sembra davvero impossibile. Come spezzare questa spirale di violenza?
R. – La soluzione la conosciamo: la soluzione è più facile e più difficile di quello che sembri, ed è deporre le armi e avviare un dialogo, avviare un negoziato. E’ impensabile che ci possa essere una soluzione armata, che ci possa essere una soluzione unilaterale, imposta con la forza da parte di qualcuno. La Santa Sede lo ha sempre detto: la soluzione non può che essere regionale, comprensiva, tenendo conto degli interessi e delle aspettative di ognuna delle parti coinvolte. Purtroppo, in questi giorni assistiamo anche a un ulteriore deterioramento della situazione in Terra Santa.
D. – Alla violenza si legano numerose drammatiche conseguenze: pensiamo alle migliaia di persone in fuga che si accalcano ai confini in cerca di salvezza, così come a una presenza sempre più esigua dei cristiani in questi luoghi. Cosa fa la Chiesa in questo orizzonte?
R. – La Chiesa è impegnata in un grandissimo sforzo di sensibilizzazione prima della Comunità Internazionale, per soccorrere le necessità di questi fratelli e sorelle che sono profughi e rifugiati, e poi mettendo in campo tutti i suoi mezzi della carità. Sappiamo quanto le organizzazioni internazionali cattoliche, le agenzie cattoliche di aiuto, le Caritas stiano operando sul terreno per andare incontro ai bisogni di questi nostri fratelli, soprattutto pensando all’inverno, che è già arrivato, e che renderà ancora più precaria e dura la loro situazione. E poi questa insistenza, giusta, doverosa, necessaria, sul diritto al ritorno.
D. – La Turchia è caratterizzata da una convivenza multiculturale e multireligiosa. Quali sono – a suo avviso – gli altri aspetti ai quali Papa Francesco vorrà dare corpo con questo viaggio apostolico?
R. – Prima di tutto una sollecitudine della Chiesa locale, una piccola Chiesa che negli anni passati è stata anche testimone di episodi dolorosissimi di violenza, ma che persevera nella sua missione, testimoniare una presenza, per assicurare questo dialogo con l’Islam, che è molto importante.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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