La “regola di vita di Papa Francesco” è “un mondo di relazioni e di dialogo”. Un “mondo aperto” che è all’opposto dei tanti “muri” che anche nell’era della globalizzazione, del mondo multipolare e interconnesso, continuano a essere innalzati. Steccati economici, politici, sociali, religiosi, laddove Francesco guarda a un “mondo aperto”, che protegge le singole identità, ma è solidale e inclusivo sempre.
Dialogo leale
Il cardinale Pietro Parolin analizza a fondo il Magistero del Papa nella “letcio magistralis” che tiene alla Facoltà Teologica del Triveneto. Per Francesco, sostiene il segretario di Stato, il dialogo non è mai una “teoria” o un semplice “scambio di idee”. Nella sua visione è sempre la “realtà” il punto di partenza, letta senza infingimenti, e il dialogo – purché condotto in modo “ragionevole e “leale” – il modo più alto per un vero progresso dell’umanità. E in questa “visione del mondo”, un cardine per Francesco – sottolinea il cardinale Parolin – è quello della “solidarietà”, perché essa è “garanzia” che un mondo “che è alla ricerca di una reale giustizia e di un maggiore benessere” e che al tempo stesso “non può dimenticare gli ultimi, né abbandonare coloro che non riescono a mantenere i ritmi di un’efficienza spesso esasperata”.
Un modo fraterno
Lo sviluppo della “lectio” porta il segretario di Stato a toccare i temi sensibili della pace e, sul rovescio, della guerra. Dei “piani geopolitici”, degli interessi e delle avidità di denaro e potere che si muovono “dietro le quinte”, da un lato, e dall’altro della “nuova collaborazione sociale ed economica, libera da condizionamenti ideologici”, che il Papa auspica possa affermarsi in campo internazionale, ritenendola in grado – osserva il cardinale Parolin – di “fermare la guerra e creare le condizioni” della pace, facendo “fronte al mondo globalizzato” e “mantenendo vivo quel senso di solidarietà e carità reciproca”. Anche perché, chiarisce il porporato, “nel mondo aperto per Papa Francesco questa fraternità, profonda e reale” non è “privilegio dei cristiani ma accomuna ogni popolo”.
“Ragion di Stato”, “ragion di Chiesa”
Dopo aver riflettuto sulle responsabilità della teologia e dei teologi, secondo le intenzioni di Papa Francesco – cioè di uno studio che “non può prescindere dal mondo reale” – il cardinale Parolin approda alle questioni più attuali del dialogo interreligioso e dell’attività diplomatica della Santa Sede, al suo “soft power” fatto, dice, “di convinzioni e comportamenti esemplari”, che si mostra come contraltare all’“hard power” dei governi, imperniato sulla “potenza economico-finanziaria o le armi”. Anche in questo caso, il dialogo può disinnescare, secondo gli insegnamenti di Francesco, i fondamentalismi “culturali, religiosi o teologici” e per questo tocca intanto alle religioni – asserisce il segretario di Stato – “interrogarsi” e “partecipare alla costruzione della pace”.
Abbattere i muri
Dialogare, nell’ottica del Magistero del Papa, vuol dire gettare ponti e “costruire una società sul lungo periodo, asserisce il cardinale Parolin, mentre i muri che continuano a erigersi – e che fanno soffrire Francesco – “sembrano quasi voler affermare – obietta – che il dialogo è impossibile, che le differenze di credo sono incompatibili, dimenticando che una condizione di pace e il rispetto della vita sono elementi fondamentali per garantire una convivenza rispettosa della dignità di ogni persona, della sicurezza dei diversi popoli e dello statuto di ogni religione”. Da questa convinzione, soggiunge il porporato, “nasce il motivo che ha indotto il Papa a chiedere che fosse fermata l’avanzata delle forze del cosiddetto Califfato nel Nord della Siria”.
Giovani “vuoti”
Parlando in un contesto universitario, e quindi a dei giovani, il cardinale Parolin conclude individuando due “trasformazioni” emblematiche e problematiche della civiltà europea occidentale, che richiedono una riflessione e una risposta. Una è “il vuoto dell’anima” della gioventù europea che sembra aver dimenticato i suoi valori di civiltà e forse per questo, nota il porporato, ha visto tanti ragazzi del continente “attratti dalla radicalità della violenza” spingersi fino in Siria “per unirsi a quanti combattono usurpando il nome di Dio”.
Il “vuoto” dell’eutanasia
La seconda trasformazione riguarda la “volontà” di diversi Paesi europei “di dare all’eutanasia lo status di diritto umano. Credo che su questa volontà della ragione umana di intervenire in uno dei processi fondamentali della vita, il rispetto dei tempi della vita e della morte, sia importante interrogarsi non solo – afferma il segretario di Stato – con i principi e le argomentazioni della morale”. Anche qui, il porporato individua un “vuoto esistenziale,” di fronte al quale, riconosce, “manchiamo forse anche della più piccola speranza che vada oltre la ragione per aprirci alla relazione, alla solidarietà, all’amore invece di rinchiuderci nella morte”. Invece, termina, la speranza, come ricorda Papa Francesco, “è in realtà un ‘desiderio ardente’” di Gesù e questa “supera tutte le circostanze scoraggianti o d’isolamento, le sensazioni di solitudine e di vuoto”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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