Volto di Dio, buono e giusto; la carezza sulle ferite dell’uomo. Cos’è la misericordia? Tema centrale nel dibattito sinodale e cuore dell’ormai imminente Anno Santo, essa da sempre è un pilastro del magistero della Chiesa sulla riconciliazione, mai contrapposto a verità e giustizia. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza il penitenziere maggiore, cardinale Mauro Piacenza:
R. – Vedo che sul tema della misericordia c’è un grande interesse: è sentito in modo pastorale, viscerale; essa è diventata protagonista. Perché ci sono nel mondo contemporaneo – non si possono chiudere gli occhi – tante situazioni delicate, faticose e drammatiche per molti. E allora si cerca di dare una parola che possa soccorrere, possa fasciare le ferite: questa penso che sia la ragione di questo particolare interesse sulla misericordia. Poi naturalmente anche i mezzi di comunicazione sono particolarmente stimolati in questi tempi, perché la chiave di lettura che molti di essi hanno nei confronti del tema della misericordia è una chiave di sfida alla Chiesa. E quindi anche questo “sfida” i pastori a dare delle risposte adeguate e costruttive.
D. – Misericordia come grande protagonista di questo periodo, visto che ci accingiamo a vivere un Giubileo ad essa dedicato… Ci si chiede in che rapporto porre il tema della misericordia rispetto alla verità e alla libertà della persona…
R. – Questi termini qualche volta nella facile retorica vengono confusi. Dunque, è chiaro che la realtà che sta sotto alla parola “misericordia” è una realtà immensa, perché entra nella realtà stessa di Dio, che “Caritas est”: è carità. Ma non dobbiamo mai opporre una qualità all’altra; quindi è chiaro che quando io dico: “Dio infinitamente misericordioso”, contemporaneamente dico: “Dio infinitamente giusto”, dico “Dio che è la Verità”. Diciamo che ci deve essere la sinfonia: non esiste una qualità di Dio che sia in opposizione con un’altra. Il Magistero è chiaro che deve affrontare il problema della verità – e quindi deve dare rilevanza alla verità – ma la deve dare in modo misericordioso, si deve far capire che si sta evangelizzando perché si ama, perché si vuol bene, perché si vuole il bene della persona. Per esempio un grande educatore come San Giovanni Bosco diceva ai primi suoi collaboratori, educatori salesiani: “Non basta che voi vogliate bene ai ragazzi che educate, ma i ragazzi che educate devono vedere che voi volete loro bene”. E questo è molto importante, perché altrimenti si danneggia la stessa verità educativa.
D. – La Chiesa dalle porte aperte, attenta alle situazioni ferite, come può proporre quella che da sempre è una pedagogia della misericordia, che quindi prevede un riconoscimento del peccato, un proponimento di non peccare più e quindi un ritorno nella verità indicata dalla Chiesa?
R. – Dio è misericordioso in modo infinito: è chiaro che la sua misericordia la spande su tutti senza misura. Cioè Dio mi perseguita – potremmo dire – ma santamente, con la sua misericordia e con la sua grazia. Ma mi lascia libero, perché altrimenti io sarei un burattino; Dio mi vuole a sua immagine e somiglianza: mi vuole libero. Quindi, per esempio, quando mi vado a confessare, io rispondo all’invito di Dio di ricevere la sua misericordia.
D. – Perché di fronte a queste situazioni ferite è importante – e se è importante – riproporre il deposito della fede: quindi la Scrittura, la tradizione apostolica, il Magistero?
R. – Perché – vede – il Santo Padre dice tante volte: “Non siamo una Onlus”. Io non devo partire dai dati sociologici; posso partirci in un certo senso per poter riflettere su quello di cui ha più bisogno l’uomo con un puro rilevamento di dato, statistico, ecc. Però poi io la soluzione la devo dare con la fede. C’è un errore nel quale si scivola molto spesso, e molto spesso accade agli stessi pastori. Come dire che c’è norma morale nella famiglia, nella vita di castità che è “troppo faticosa”: ma è chiaro che è fatica! In questo mondo ci sono cose che non sono faticose? Non esiste il Mistero della Croce? Nostro Signore non ha faticato umanamente per poterci riscattare? Ha faticato fino a sudare sangue! E allora perché noi non dobbiamo riflettere su queste cose? E poi c’è il fatto però della grazia: il Signore mi viene incontro. I Santi sono fatti della nostra stessa pasta: hanno faticato. C’è stata un’ascesi: questa salita, questa fatica, questa ascesi fanno parte del cammino cristiano. Anche questo è bello, perché fa parte dell’imitazione di Cristo.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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