Italiae et Ecclesia

Il card. Simoni sulla persecuzione in Albania: «Celebravo di nascosto in prigione, Dio ci ha salvato»

Ci sono vite che si caratterizzano per essere un dono per gli altri. Vite spese nell’amore per Dio e per il prossimo. Vite che non sono arretrate di un centimetro neppure di fronte alle torture e alle persecuzioni. In Albania, durante la dittatura comunista di Enver Hoxha, sacerdoti, religiosi e fedeli laici sono stati un punto di riferimento per gli altri.

Per il regime la loro presenza era un pericolo, perché davano speranza ai sofferenti e la loro offerta di vita è stata da esempio per il popolo. Perseguitati per l’amore a Cristo, sacerdoti, religiosi e laici non hanno esitato a morire pur di non rinnegare la loro fede. A Scutari, presso la cattedrale di Santo Stefano, il 5 novembre 2016 sono stati beatificati 38 martiri, uccisi ai tempi della dittatura. Oggi nel Paese delle Aquile è garantita la libertà religiosa e sono tantissimi i missionari, che vanno anche nei villaggi e sulle montagne dove c’è tantissima povertà, pronti ad affrontare qualsiasi disagio, per far conoscere Gesù. Missione svolta fino a tarda età anche dal card. Ernest Simoni, in particolare nelle parrocchie di Barbullush e di Trush, a Fushë Arrëz. Come tanti suoi amici, anche il cardinale sarebbe stato pronto a dare la sua vita, ma i progetti di Dio su di lui sono stati diversi.

Alla soglia degli 89 anni (è nato a Scutari il 18 ottobre 1928) e dopo atroci sofferenze patite per la persecuzione, il porporato albanese oggi è un testimone di come la fede e l’amore per Cristo non possono essere vinti dai poteri di questo mondo. Di lui colpisce la fede granitica e il continuo ringraziare il Signore per avergli dato la forza di superare ogni difficoltà e un cuore generoso che non ha mai coltivato l’odio.

Eminenza, la Chiesa albanese è stata molto perseguitata per Cristo, ma la fede ha resistito. È stato possibile per l’opera e la testimonianza di sacerdoti e religiosi come lei?

Io ho avuto degli amici sacerdoti uccisi per la fede. Gesù ci ha detto: “Avrete persecuzioni, avversità, ma abbiate fiducia. Io ho vinto il mondo”. Gesù sta con tutti coloro che lo pregano, che fanno la Sua volontà e Lo amano con le opere, la mortificazione, la preghiera quotidiana e tutto quello che fanno discende dalla grazia divina, che illumina la mente e lo spirito di tutti coloro che amano Gesù nella Croce, perché la via del paradiso non è fugace come la promessa di questo mondo, ma è la via dolcissima e lucidissima attraverso la croce. Questa è stata la nostra meta quotidiana: avvicinare Gesù ai cuori delle persone. Ogni giorno eravamo impegnati a far conoscere il volto di Gesù nei loro cuori e nella loro anima. Ciò è stato possibile per la grazia e la potenza dello Spirito Santo.

Papa Francesco, dopo averla conosciuta, nel volo di rientro dall’Albania, nel 2014, ha detto: “Sentire parlare un martire del proprio martirio, è forte”. Ci parli della sua esperienza…

Il regime comunista cercava di allontanarmi da Gesù. Ero considerato un “nemico del popolo”. Non avendo voluto rinnegare la fede sono stato arrestato alla vigilia di Natale del 1963 mentre celebravo la Santa Messa. Alla fine della celebrazione mi hanno messo le catene e mi hanno letto il decreto di impiccagione con l’accusa di aver detto al popolo: “Dovete morire per la fedeltà a Gesù”.

Ha avuto paura?

Gesù mi ha dato la grazia divina di affrontare ogni prova. Hanno fatto tutto il possibile per allontanarmi da Gesù con la forza. Mi chiedevano di bestemmiare contro Gesù, contro la Chiesa e contro il Papa. Io non ho accettato niente e allora mi hanno messo le catene. Si è fermato il cuore, pensavo di morire. Ogni martire trova la forza di affrontare il proprio martirio nell’amore per Gesù.




Alla fine però non hanno eseguito la condanna a morte…

Avevano messo nella mia cella una spia. Era un mio amico, che tante volte era venuto a mangiare con me nella canonica. Lui era cambiato e cercava di mettermi in difficoltà. Mi provocava dicendomi: “Questi comunisti sono delinquenti, vogliono distruggere la fede”. Io ho risposto: “Per Gesù io sono pronto a dare la vita. Gesù ci ha insegnato anche a perdonare e amare i nemici. Con il suo amore per tutti Gesù ha salvato il mondo”. La spia riferì quanto avevo detto al dittatore. Dopo dieci giorni mi è stata commutata la condanna in diciotto anni di prigione presso la miniera di Spaç. Dopo essere uscito dalla prigione, fui condannato nuovamente ai lavori forzati: per dieci anni ho lavorato nelle fogne di Scutari.

In questi lunghi e dolorosi anni cosa l’ha sorretta?

La luce, l’amore, la grazia divina mi hanno accompagnato ogni giorno. Non ho mai perso la fede. Ho continuato a celebrare la Santa Messa, con un’ostia cotta di nascosto su piccoli fornelli, mentre per il vino utilizzavo il succo dei chicchi d’uva. Recitavo il Santo Rosario e confessavo i miei compagni di prigionia e nelle miniere. È Dio che ci ha custodito e salvato tutti.

Qual è la situazione oggi in Albania per i cristiani?

Oggi è tutto bello, tutto chiaro. Non ci sono più impedimenti per chi vuole seguire Gesù, eppure resta grande l’impegno per salvare le anime perché tanti ancora sono lontani da Gesù. I cattolici oggi in Albania sono circa 600mila, ma il numero concreto di cattolici, ortodossi e musulmani albanesi non si sa perché sono sparsi nel mondo intero. Comunque, nel Paese i cattolici sono una minoranza.

Com’è la convivenza?

In Albania oggi è tutto amore, fratellanza, consenso, accordo. Tutti pregano. È stata una grazia speciale del Signore.

Quando è finito il regime ateo, è stato difficile tornare a manifestare la fede?

No, è stato il contrario. Quando è finito il regime, tutto il popolo cattolico ha cercato Gesù, ha pregato Dio, si sono riaperte chiese e moschee. Con la venuta della libertà religiosa il Signore mi ha aiutato a servire tanti villaggi e a riconciliare molte persone desiderose di vendetta, allontanando l’odio dai loro cuori.




Fonte di Gigliola Alfaro/ da Agenzia Sir

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