Card. Tauran al Meeting di Rimini: guerre non sono di religione, ma politiche

Il Meeting di Rimini si è aperto ieri all’insegna del dialogo interreligioso. Un cattolico, un ebreo e un musulmano hanno testimoniato che le religioni “sono per edificare l’uomo e non per la sua distruzione”. Se ne è parlato nell’incontro di apertura dal titolo: “Le religioni sono parte della soluzione, non il problema”, con il cardinale Tauran, il gran rabbino di Francia Korsia e il rettore della moschea di Lione, Gaci. In un videomessaggio al Meeting, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha sottolineato come “il mondo di oggi sia segnato da conflitti e disuguaglianze, con persone, tuttavia, impegnate a rafforzare la speranza”. Ban Ki-moon ha annunciato per settembre, con la presenza del Papa a New York, una nuova Agenda per lo sviluppo sostenibile. Al microfono di 

Luca Collodi, il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:

R. – Oggi non c’è un conflitto che sia di natura religiosa. Tutti i conflitti che dobbiamo gestire, purtroppo, si devono a ragioni politiche. Ma quando si guarda il mondo di oggi, non lo si può capire senza la religione. Questo è il grande paradosso. Un secolo fa ci hanno detto “Dio è morto”, ma vediamo che non è morto, perché è molto presente. Quindi questo paradosso ci spinge a dialogare, perché Dio fa parte della vita dell’uomo di oggi. L’uomo è un “animale” religioso.

D. – Perché le religioni, però, sono spesso presenti all’interno dei conflitti?

R. – Prima di tutto non sono le religioni ad essere presenti, ma sono i seguaci delle religioni, che sono uomini e donne segnati dal peccato originale. Sappiamo, quindi – lo dice la Costituzione conciliare Gaudium et spes – che la violenza ci sarà fino alla fine del mondo. Dobbiamo, dunque, essere capaci di gestire questa violenza. Il male si vince con il bene.

D. – Molti governi “laici” per evitare conflitti abbassano le identità, anche religiose: questo secondo lei è un percorso giusto?

R. – No, perché nel dialogo interreligioso la prima cosa su cui soffermarsi – come di fatti ha ricordato il rettore della moschea di Lione – è l’identità: sapere chi sono, in cosa credo, quali sono i valori fondamentali che guidano la mia vita. Non c’è dialogo interreligioso, dunque, che riposi sull’ambiguità. Noi dobbiamo avere un’idea del contenuto della nostra fede.

D. – Religioni e democrazia: spesso non è un dialogo facile…

R. – … giustamente l’uomo è libero e molte volte il male si sovrappone al bene. Noi dobbiamo sempre fare in modo che la forza della legge prevalga sulla legge della forza.

D. – L’integralismo islamico che idea ha della religione? 

R. – L’integralismo islamico prima di tutto non è il vero islam. E’ una perversione. Si tratta di gruppi traviati, purtroppo, che godono dell’appoggio di alcuni settori, che non sono a favore della democrazia.

D. – La mancanza di pace oggi dipende anche da un’alleanza tra religione e potere?

R. – In certi casi sì. Le religioni, però, i credenti, sono una forza di bene e lo vediamo … E’ sempre importante che i mezzi di comunicazione insistano di più su questi aspetti positivi: per esempio,  una famiglia musulmana a Baghdad, che ospita da due anni una famiglia cristiana. Questo è un fatto molto bello. O i padri dominicani che due anni fa hanno fondato a Baghdad l’Accademia delle Scienze Sociali, dove hanno più di mille studenti, quasi tutti musulmani. Queste sono belle cose che portano luce nelle tenebre, di cui dobbiamo parlare.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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