R. – Tutti noi abbiamo seguito i discorsi del Santo Padre sulla questione di Ebola, in cui chiedeva spesso le preghiere di tutta la Chiesa per le vittime dell’Ebola. Ricordiamo anche che in una delle sue riflessioni lui ha paragonato l’Ebola alla lebbra: in ambedue i casi, non è facile toccare i pazienti. E quindi, ecco: il Santo Padre come sempre nella sua sollecitudine, non ha voluto limitare il suo intervento soltanto alle parole e alle espressioni di vicinanza a queste persone; ha voluto far qualcosa di più concreto: l’istituzione di questo piccolo fondo per aiutare e dare un po’ di assistenza alle Chiese locali nei tre Paesi più colpiti.
D. – Come procederete quindi nel Pontificio Consiglio? A chi andranno i soldi? Come sceglierete i progetti?
R. – Uno degli obiettivi di questo Fondo è di aiutare le Chiese locali a migliorare le loro strutture, i loro posti sanitari per poter dare assistenza agli ammalati. Il secondo obiettivo e di dare assistenza agli orfani, vittime dell’Ebola, e ce ne sono tantissimi! Conosco un Istituto salesiano che già ha incominciato ad accogliere alcuni di questi bambini, a dare loro un po’ di istruzione … E poi conosco anche diocesi che hanno deciso di procedere diversamente: invece di creare un centro, hanno voluto incoraggiare i parrocchiani ad adottare alcuni di questi bambini, affinché crescano in un ambiente più familiare. Il terzo obiettivo è quello della formazione per aiutare un po’ a fermare la diffusione di questa malattia: il quarto obiettivo è quello di poter prestare anche assistenza di consulenza alle vittime di questa malattia, perché molte famiglie sono praticamente decimate da questo virus e devono ricevere aiuto su come affrontare questa situazione, come andare avanti con la loro vita … Serve quindi assistenza psico-sociale. Poi, a livello della Chiesa, del suo ministero pastorale: anche lì ci vuole un po’ di assistenza, perché la situazione dell’Ebola richiede sempre quella che si chiama la “no-touch policy”, cioè la pratica di non toccare, e non toccando come fa un vescovo – per esempio – a cresimare. La stessa cosa vale per le sepolture: adesso hanno sviluppato un sistema che consente al parroco o agli imam di assistere alla sepolture delle vittime. Stando a debita distanza, si può aspergere l’acqua benedetta e dire una preghiera e benedire la salma prima della sepoltura. Tutto questo ha portato a cambiare un po’ tutto l’atteggiamento delle persone e la loro disponibilità ad aiutare. Quindi, tutti, tutti sono invitati, ognuno può contribuire a questo Fondo. E’ gestito qui al dicastero del Consiglio della Giustizia e della Pace insieme anche alla Caritas: ognuno può contribuire.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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