R. – Domani pomeriggio, in Piazza San Pietro, con tanti genitori, oltre ai catechisti e ai parroci, la Chiesa di Roma si riunisce a riflettere, sotto la guida di Papa Francesco, su questo compito grande, bello, affascinante che è il modo di trasmettere la fede alle nuove generazioni. Il Convegno continuerà poi lunedì e martedì. Abbiamo una bella adesione da parte di tante persone. Ci auguriamo che possa davvero essere fruttuoso. Il tema l’abbiamo intitolato così: “Noi genitori testimoni della bellezza della vita”. Non si tratta, infatti, di indottrinare nessuno, ma di far scoprire la bellezza della fede per la bellezza della vita. Confido proprio che questo Convegno, che è uno sviluppo di quello dell’anno scorso, del grande tema della trasmissione della fede alle nuove generazioni, possa davvero essere fecondo anche sul piano dell’impegno operativo nelle parrocchie, nelle altre comunità ecclesiali.
D. – Qual è oggi la difficoltà di una famiglia nell’educare i propri figli a Roma?
R. – Intanto, se loro avvertono la forza della fede, se partecipano alla vita ecclesiale, se hanno una appartenenza che allarga i loro orizzonti e quelli dei loro figli creando ambienti di vita favorevoli, certamente sono aiutati. Ma nel più vasto contesto culturale e sociale, certo, molti genitori sono pensosi sul come trasmettere vie di bene e valori capaci di dare sostegno, di formare personalità adulte per i loro figli. Questo li impensierisce parecchio. Il contesto e il momento che viviamo, infatti, non è che incoraggi molti. Purtroppo, il male fa rumore, ma anche di bene ce n’è tanto.
D. – Tra l’altro, nella comunità civile qualcuno mette in discussione il ruolo dei genitori…
R. – Si allarga un discorso ad una realtà che non sarebbe né nella natura e né nella realtà giuridica. I genitori, infatti, la famiglia, secondo la Costituzione italiana, è ben definita. Oggi, si cerca di allargare il perimetro del matrimonio e del rapporto genitori-figli ad altre realtà che, secondo il mio parere, non so se porteranno del bene o meno. Una cosa è esprimere rispetto a ogni condizione di vita, altra cosa è però trasformare la realtà fondante la società – il matrimonio e la famiglia – in una cosa che non vi appartiene.
D. – La Chiesa di Roma è Chiesa missionaria. In queste ore, alla stazione Tiburtina si riuniscono migranti che vogliono lasciare l’Italia in treno per andare in Europa, ma non possono farlo per la chiusura delle frontiere. La diocesi di Roma che cosa sta facendo?
R. – Noi siamo lì, alla Stazione Tiburtina, presenti con la Caritas, cercando di alleviare le pene, le sofferenze di questi fratelli che hanno alle spalle settimane e talvolta mesi già di grandi sofferenze. E’ davvero un po’ strana questa situazione. Li definiscono “transitanti”, quindi non sono identificati e come tali non possono essere aiutati. D’altra parte, tutto è chiuso, per cui non possono transitare. E’ una situazione di emergenza che dovrebbe muovere le autorità per cercare una via, seppure provvisoria, perché certamente non si può continuare con masse di persone che si riuniscono per partire. Proviamo a metterci nella condizione di vita di questi uomini, donne, bambini: sono come me, come lei. Non possiamo far finta che non ci appartengano. In questo senso bisogna agire e premere, perché l’uomo, la centralità dell’uomo, di ogni uomo, in qualunque condizione, sia rispettata e favorita. Certo, se poi ci sono persone che vivono nella illegalità, queste vanno perseguite. La solidarietà nella legalità. Non possiamo, però, mettere da parte la solidarietà, perché l’Europa è sorda. Bisogna fare qualcosa.
D. – Nella cosiddetta Unione Europa vengono chiuse le frontiere ai migranti. Una situazione che richiama quanto detto all’Europa dal Papa a Strasburgo…
R. – E’ vero, il Papa, nel suo famoso e veramente bel discorso di Strasburgo, ha aperto orizzonti all’Europa. Ma l’Europa ha dimenticato le sue radici e come tale è un’Europa oggi che non ci incoraggia. Noi siamo consapevolmente, coscientemente europeisti, nel senso che gli orizzonti vanno allargati e le frontiere vanno aperte, perché l’uomo possa espandersi. E se salutiamo i vantaggi, i grandi vantaggi dell’Europa, che in questi 70 anni hanno portato la pace, è certamente un fatto positivo. La politica europea, però, in questo momento ha bisogno di evolversi verso le radici vere dell’Europa solidale e superare le chiusure, le paure, come anche il Santo Padre ci ha detto, in nome della centralità dell’uomo.
D. – Card. Vallini, durante il Convegno diocesano, visiterà i migranti alla stazione Tiburtina?
R. – Mi auguro di poterlo fare al più presto.
D. – L’immigrazione richiama anche la situazione politica e giudiziaria che si respira a Roma con “Mafia Capitale”. Una brutta pagina di vita sociale e politica…
R. – Come tutti i romani, sono addolorato per tutto quello che avviene. Sono convinto che la città abbia gli anticorpi validi per reagire, ma questa cosa ci addolora e ci deve far riflettere e pensare. Una città come Roma, infatti, una città aperta, accogliente, non può speculare sulle povertà. Quindi, chi ha sbagliato renda conto alla giustizia. Non scoraggiamoci, però, nell’affrontare questioni gravi di un mondo che si trasforma, di una globalizzazione sempre più crescente. L’incontro, dunque, tra le razze e le culture saranno inevitabili anche in futuro.
D. – Con questo clima ci prepariamo al Giubileo della Misericordia quanto mai opportuno…
R. – Ringrazio davvero, il Santo Padre, perché il tema della misericordia è il tema dell’uomo amato da Dio e, in questo senso, dobbiamo vivere questa grazia del Giubileo come una grande opportunità di un cammino di revisione di vita, dal punto di vista interiore innanzitutto. Il Giubileo è un Giubileo spirituale, che deve rimettere il cuore degli uomini – il mio, il suo e quello di tutti – dinanzi alla luce del Vangelo, della grazia, della persona di Gesù, che è il rivelatore della misericordia del Padre. Ma al tempo stesso, deve potersi tradurre anche in stili di vita confacenti alla esigenza del mondo d’oggi, che ha tanto bisogno di misericordia, di tenerezza, di comprensione, di ascolto, che debbano dare sostanza anche alla giustizia e ai rapporti sociali.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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