Prosegue a Roma l’incontro della Caritas Internationalis sulle crisi in Medio Oriente. Il cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, presidente dell’organismo, ha esortato tutti i governi a fermare l’invio di armi nell’area, denunciando la pulizia etnica e religiosa che stanno compiendo gli estremisti in Siria e Iraq. Stiamo vivendo – ha detto – la più grande crisi dopo la Seconda Guerra Mondiale: milioni di persone sono disperate. Secondo il porporato, occorre intraprendere la via del dialogo e dell’aiuto umanitario. Ha poi definito disumano il blocco israeliano di Gaza, chiedendo a Israele di porre fine all’occupazione. Sulla situazione a Gaza, Giada Aquilino ha intervistato padre Raed Abusahlia, direttore della Caritas di Gerusalemme:
R. – Tre settimane fa c’è stato il cessate-il-fuoco, ma la situazione è rimasta terribile, nel senso che la popolazione è abbandonata: da allora non c’è stato nessun intervento da parte della comunità internazionale e nessun negoziato tra Hamas e Israele. La situazione, quindi, è drammatica. Noi abbiamo quasi 400 mila persone a Gaza senzatetto, che non sanno dove andare – metà di loro vivono nelle scuole – che non hanno più le case. Certamente questo problema non si può risolvere in un giorno o in un mese. Tutti, quindi, stanno aspettando due cose: la prima, gli incontri per un negoziato tra israeliani e palestinesi, per arrivare alla soluzione delle cause di questo ultimo conflitto e, seconda cosa, il prossimo mese, l’incontro dei Paesi donatori, che dovrebbero promettere … miliardi di dollari per ricostruire Gaza! Per questo ci vorranno cinque o sette anni almeno e ci sarà bisogno di una cifra tra i sette e i dieci miliardi di dollari. Nel frattempo noi, e tutte le organizzazioni umanitarie che lavorano a Gaza, in Palestina, dovremmo intervenire per dare un piccolo contributo, un aiuto a questa popolazione. E’ quello che abbiamo fatto durante la guerra e che stiamo facendo alla fine della guerra.
D. – Voi siete a contatto diretto come Caritas con la popolazione, che speranze ci sono? C’è fiducia che poi in un prossimo futuro la situazione possa migliorare?
R. – Da tutto quello che ho sentito finora, prima di tutto dal nostro staff – 16 persone che sono lì – dal nostro vescovo, mons. Shomali, che è andato lì lunedì scorso, dal nostro parroco, dal Crs, Catholic relief service, che sono andati lì, dal nostro collega del Pontifical Mission of Palestine, tutti sono tornati delusi. La popolazione di Gaza non ha fiducia per tutto quello che è successo: hanno detto che tutta questa guerra è assurda e non vedono una soluzione per quello che sta succedendo adesso. Tutti i cristiani di Gaza, poi, se non ci sarà una soluzione il più presto possibile, se ne andranno. Questo vuol dire che non ci saranno più cristiani a Gaza. Loro sono già pochi:1300 persone. Allora, non vogliamo una Terra Santa senza cristiani.
D. – Quindi come fare a mantenere i cristiani a Gaza?
R. – Noi abbiamo bisogno della collaborazione di tutta la comunità internazionale, di tutti i cristiani del mondo e anche della Caritas Internationalis, dei nostri colleghi delle Caritas in Europa e in America, per darci un aiuto, per aiutare questa comunità fino a quando non ci sarà una soluzione politica. Loro, infatti, devono capire e sapere veramente che la responsabilità della presenza cristiana in Terra Santa non è soltanto una responsabilità dei cristiani della Terra Santa, ma è responsabilità di tutti i cristiani del mondo, di tutte le chiese del mondo.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana