Il nuovo beato, oggi sua memoria, lascia un’eredità a tutti gli informatici…
(Di Federico Piana) Carlo Acutis fin dalla tenera età imparò da autodidatta i segreti della Rete per utilizzarla come mezzo per far conoscere e amare Dio davvero fino ai confini della Terra.
Prova evidente è la sua mostra virtuale sui miracoli eucaristici, progettata e realizzata quando aveva solo 14 anni, che ancora oggi attira migliaia di visitatori di ogni parte del mondo. Non solo.
Carlo utilizzava Internet anche per farsi prossimo ai suoi coetanei aiutandoli a distanza a superare difficoltà scolastiche, piccole o grandi che fossero.
Lo ha sottolineato anche il Papa ieri all’Angelus, parlando di un ragazzo che “non si è adagiato in un comodo immobilismo, ma ha colto i bisogni del suo tempo, perché nei più deboli vedeva il volto di Cristo“.
“La breve vita terrena di Carlo – spiega Fortunato Ammendolia, informatico, studioso di digitale pastorale e di intelligenza artificiale presso il Cop, il Centro di Orientamento Pastorale – è stata trasfigurata dalla parola di Dio e dall’Eucaristia.
Ecco perché ha iniziato a scrivere nella Rete, con pagine web, il messaggio della fede, un messaggio del suo amore per l’Eucaristia. Aveva compreso che occorreva abitare l’ambiente digitale per una trasfigurazione dell’uomo, che poi è l’obiettivo della pastorale digitale”.
Carlo rimaneva realmente vicino a Gesù anche quando percorreva le immense strade virtuali: “E questo – aggiunge Fortunato Ammendolia – deve avere fortemente e positivamente impressionato i suoi amici. Non c’è dubbio”.
Il beato Acutis ha consegnato a un mondo sempre più tecnologico e connesso un messaggio che difficilmente si potrà ignorare. Fortunato Ammendolia prova a sintetizzarlo sostenendo che “l’orientamento che ereditiamo è fondamentalmente educativo a una spiritualità eucaristica che si incarna con un agire improntato al Vangelo. Carlo avrà sicuramente sognato progetti di educazione all’Eucaristia da realizzare tra realtà e digitale. Se ne avesse avuto il tempo, sono sicuro che avrebbe anche colto l’occasione della realtà aumentata e di quella virtuale”.
Poi Ammendolia aggiunge un particolare che fa comprendere quanto quell’adolescente, incamminato a grandi passi verso la santità, non avesse solo la testa rivolta al cielo ma anche i piedi ben piantati sulla terra: “Carlo soffriva nel vedere le chiese vuote. Di qui, un impegno educativo in Internet per ripopolare le parrocchie, poiché lui diceva: Gerusalemme ce l’abbiamo sotto casa”.
Carlo Acutis lascia anche un’eredità a tutti gli informatici del mondo e ai giovani nativi digitali. Una vera e propria bussola da seguire scrupolosamente: “Papa Francesco – spiega Fortunato Ammendolia – presentandolo come modello di santità nell’era digitale, nell’Enciclica post sinodale Christus vivit, scrive che Carlo sapeva molto bene che i meccanismi della comunicazione e delle reti sociali possono essere usati per farci diventare soggetti addormentati. Lui però li ha saputi utilizzare per trasmettere la bellezza del Vangelo. Ecco, mi piace leggere questa frase come un invito ad un uso etico della rete”.
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