Case famiglia, basta bufale sulle rette

«Le case famiglia? Un business che lucra sulla pelle dei bambini. Costano anche 400 euro al giorno!». Ospite di Fabio Fazio su Rai3 a “Che tempo che fa”, l’altra sera il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha messo il fango nel ventilatore, finendo per imbrattare proprio chi da sempre quel business lo combatte… «Quelle di cui parla Salvini non sono le case famiglia», reagiscono gli addetti ai lavori, che da anni si battono per una definizione univoca di “casa famiglia” e porre fine a tanta confusione.

«Accusare noi significa colpire in maniera generica una risposta insostituibile, con cui centinaia di coppie scelgono di fare da padre e da madre a ragazzi, anche con gravissimi handicap, che non possono più stare nelle loro famiglie di origine», risponde Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Gli fanno eco i responsabili di altre realtà, come il Coordinamento delle case famiglia dell’Emilia Romagna o il Cofamili, rete di oltre venti case famiglia della Liguria.

«Non credo che esistano davvero rette di 400 euro al giorno, certo non per le case famiglia – nota Nazzareno Coppola, che rappresenta il Comitato ligure e che a Imperia assieme alla moglie e ai loro tre figli (di cui una adottiva, disabile) accoglie cinque bambini –. Da 18 anni io e mia moglie abbiamo fatto questa scelta, investendo qui dentro anche i nostri stipendi». La retta nel loro caso è di 65 euro al giorno, che bastano a coprire a malapena i tre quarti dei costi di gestione.

Insomma, quella di Salvini è «una bufala» che gira da tempo su alcuni media, per sentito dire, senza mai un riscontro. «Noi siamo i primi a voler denunciare le situazioni poco chiare, faccia i nomi, dica chi prende 400 euro al giorno», dice Coppola. Ma soprattutto – insiste Ramonda – non faccia confusione tra realtà diametralmente opposte: «Da quando sono stati chiusi i vecchi istituti sono passati 8 anni, eppure migliaia di piccoli vivono ancora in strutture che si autodefiniscono case famiglia senza esserlo. Non hanno un papà e una mamma stabilmente presenti, ma operatori a turno, che oltre a costare molto di più non rispondono al bisogno primario del piccolo di avere una famiglia».

«Chiedo a Salvini di rivolgersi alle autorità competenti, se è a conoscenza di illegalità – lo invita anche il Garante per l’infanzia, Vincenzo Spadafora –. Assieme alle Procure stiamo monitorando i minorenni ospiti e a breve avremo i risultati, e nel far questo abbiamo incontrato realtà che ogni giorno si impegnano per i diritti dei bambini anche a fronte di una sconcertante scarsità di risorse».

Manco a farlo apposta, solo qualche giorno prima della sparata di Salvini la Papa Giovanni XXIII aveva presentato alla Commissione parlamentare d’Infanzia una proposta di modifica della legge 184/83, chiedendo di distinguere una volta per tutte le comunità familiari con un padre e una madre dalle “comunità educative”, veri e propri (mini) istituti in cui la sera la figura di riferimento, stipendiata, se ne va a casa lasciando il posto a un collega. Oggi, infatti, la legge 184, definendo “comunità di tipo familiare” sia le case famiglia che i mini istituti, sta causando parecchie ambiguità.

«Il risultato gravissimo è che oltre mille bambini da 0 a 2 anni, e addirittura 2.100 sotto i 5 anni, sono stati privati delle relazioni familiari, fondamentali in questa fase dello sviluppo – fa sapere la Papa Giovanni XXIII –. La nuova norma che proponiamo invece prevede che i bambini sotto i 6 anni debbano sempre essere dati a una famiglia affidataria, e solo se questo fosse impossibile a una casa famiglia, vietando per loro l’inserimento nelle comunità educative».

Il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali, Franca Biondelli, ha assicurato la disponibilità del ministero del Welfare a predisporre entro il 2015 le Linee di indirizzo nazionali per distinguere le diverse tipologie di comunità. «Nel frattemo noi invitiamo Salvini a visitare una delle nostre case famiglia – conclude Ramonda – e a Fabio Fazio chiediamo la possibilità di intervenire anche noi a “Che tempo che fa” per raccontare». Ad esempio che in 40 anni hanno accolto migliaia di bambini con gravi handicap, adolescenti a rischio devianza, giovanissimi tossicodipendenti… E che un accolto su due nelle loro case famiglia non riceve alcun contributo, «lo accogliamo in modo totalmente gratuito».

Fonte. Avvenire

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  • è veramente scandaloso che si lasci spazio sulla TV pubblica a personaggi che infangano il gravoso lavoro della case famiglia. Quel signore non si rende conto della realtà in cui vivono. E si fa una pubblicità "sporca" sulla pelle di chi investe la propria vita a favore di chi ne ha tanto bisogno. Conosco queste realtà e vi assicuro che il faticoso lavoro che svolgono sia in campo affettivo che di recupero sociale è notevole. Oltre a rilevare che è vero che alcuni bambini vengono accolti gratuitamente e altri a quota ridotta: questo perchè si guarda anche e soprattutto al bisogno di dare a questi bambini una famiglia, dei genitori che lo accolgano con amore.

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