A fare la differenza tra la sfera e il poliedro è la persona, con la sua dignità, i suoi diritti e i suoi doveri, le sue differenze, il suo insopprimibile desiderio di giustizia, la sua lotta contro le disuguaglianze. Lottare per ridurre le diseguaglianze fisiche significa credere nella giustizia sociale consapevoli che la sua realizzazione dipenda dal coraggio e dalla lungimiranza di uomini e donne che nelle loro diverse appartenenze culturali e religiose, avvertono la responsabilità di costruire insieme una società equa e solidale. Lottare per ridurre le disuguaglianze intellettuali significa lottare contro un egualitarismo ideologico che rende difficile o impedisce alla persona perfino una scelta di libertà nell’educare e nell’educarsi.
Non c’è bisogno di sognatori ma di uomini e donne che all’arroganza di poteri economici, finanziari e ideologici rispondano con le idee e con i fatti che è possibile scrivere un’altra storia. È ancora il tempo di Davide contro Golia. Non un’immagine consolatoria, come ha affermato il cardinale Maradiaga, ma un impegno radicato in quella piccola speranza di Peguy che sembra incapace di reggersi sulle proprie gambe mentre è lei, nella sua apparente fragilità, a sostenere le sorelle maggiori, la fede e la carità, sulle strade del territorio e del mondo. La lotta senza quartiere alle diseguaglianze trae forza da questa fragilità apparente. Occorre, però, che diventi una scelta più condivisa e, per questo, la dottrina sociale della Chiesa nel richiamarla bussa alla porta della coscienza di tutti per chiedere un supplemento di coraggio, di anticonformismo, di genialità.
Ed è proprio qui che si apre la seconda parte del titolo del Festival: “+ differenze”. Tra i molti possibili racconti di esperienze si è scelto quello di imprese che hanno costruito “differenze” scegliendo un dialogo critico tra la tecnica e l’etica. Hanno messo in discussione quella che Papa Francesco chiama l’idolatria di un profitto e di un mercato fini a se stessi. Hanno raggiunto il successo economico valorizzando il bene più grande dell’impresa: la persona, anche quella più fragile. È ora importante che queste “primizie”, alimentate dalle “differenze” facciano rete, diventino cultura, provochino crepe nei muri delle certezze di un’economia e di una finanza che hanno tradito le attese dei più poveri e dei più deboli. Facciano crepe anche nel muro del pianto, pur comprensibile e giustificabile, che si erge attorno a una crisi infinita ma che non può essere un segno di speranza e non incoraggia la ripresa.
In queste “differenze” sono soprattutto i giovani che, di fronte ad adulti un po’ smarriti o assenti, non si ergono a loro giudici ma decidono di costruire il futuro con le loro idee e le loro mani. È fatta soprattutto dai giovani quella “convivialità delle differenze” che in modo davvero originale viene trasmessa da questo Festival della dottrina sociale che ha l’ambizione di essere una “primizia” che annuncia frutti maturi. Con l’ambizione, soprattutto, di trasformare la sfera in poliedro.
Paolo Bustaffa per Agenzia Sir
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