Federico Piana – Città del Vaticano
La notizia ha fatto il giro del mondo. Metà delle macchie di sangue impresse sulla sindone non sarebbero compatibili con la postura di un uomo crocifisso ed altre addirittura non troverebbero riscontro di posizione sia sulla croce sia sul sepolcro. Apparentemente una bomba, con un pedigree di tutto rispetto: la firma dell’Università di Liverpool che ha pubblicato lo studio sul Journal of Forensic Sciences. I due ricercatori autori del lavoro, Matteo Borrini dello stesso ateneo e Luigi Garlaschelli del Comitato Italiano per il Controllo sulle Pseudoscienze, hanno provato a simulare con un manichino posizionato su un telo la fuoriuscita di sangue: i risultati non avrebbero dato le stesse evidenze della Sindone. A quel punto sono fioccati i titoli dei media di tutto il globo: metà delle macchie di sangue non sono vere.
Arrivata all’orecchio della professoressa Emanuela Marinelli, sindonologa di fama mondiale, la ‘bomba’ non l’ha fatta sobbalzare dalla sedia. Anzi. Al telefono non pare turbata, indignata sì. “Ha letto l’abstract della ricerca? Di scientifico non c’è nulla. Ma le sembra un criterio scientifico prendere un manichino di quelli che si usano per i vestiti delle vetrine dei negozi e con una spugna imbevuta di sangue artificiale fissata su un pezzo di legno premere sul lato destro del fantoccio per vedere dove cadono i rivoli di sangue? Questa roba non ha il rigore di altre indagini come quelle realizzate ormai quarant’anni fa su cadaveri di uomini morti per emopericardio (come presumibilmente Gesù ndr), posizionati in verticale e punti con un bisturi fra la quinta e la sesta costala, come fece la lancia del soldato romano. Prove che ebbero risultati diversi da quelli di Borrini e Garlaschelli” snocciola tutta d’un fiato la professoressa.
Allora, viene da chiedersi come mai un’istituzione del calibro della Liverpool University abbia deciso di validare e rendere pubblica una ricerca che presenta più di qualche dubbio metodologico fondamentale in grado di minarne la credibilità. La risposta della Marinelli è tranchant. Ed apre la finestra su un altro scenario, più cupo: per tentare di avvalorare la tesi che la Sindone sia falsa, gruppi ideologici finanziano senza risparmio ricerche preconcette, precostruite a tavolino :“Basta pagare e le ricerche si fanno- spiega la Marinelli-. E si trova pure chi te le pubblica. E’ innegabile che dietro ad alcune di esse si nascondono gruppi che vogliono far credere che la Sindone sia un falso storico. Un esempio per tutti: esiste un bel documentario che si chiama ‘La notte della Sindone’. Bene, questo documentario non è stato mai trasmesso dalla Rai perché contiene un’affermazione che forse a qualcuno non piace. E questa affermazione è rappresentata da una lettera su carta intestata della Curia di Torino che il cardinale Anastasio Ballestrero, all’epoca custode della Sindone, inviò al sul consulente scientifico, l’ingegner Luigi Gonella, con la quale sosteneva con decisione che nella faccenda della datazione del carbonio 14 (poi confutata da diverse ricerche successive ndr), c’era stato lo zampino della massoneria che voleva a tutti i costi dimostrare che la Sindone fosse di epoca medievale”. Insomma, c’è un fastidio nei confronti di una “Sindone vera da parte di chi vuole negare non solo Cristo ma anche la sua resurrezione”. Come diceva il cardinale Giacomo Biffi: per un cattolico, scoprire che la Sindone sia falsa non cambia nulla. Tutto cambia, invece, per un ateo. E forse di questo ha paura chi si affanna a volerne dimostrare a tutti i costi la falsità.
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