La festa di Avvenire e di Vita Trentina a Fiera di Primiero (Trento) si chiude incitando i giovani a credere nella Chiesa che non si spegne
“Dobbiamo smetterla con questo senso di mancanza che oggi in Europa è molto pronunciato. Un senso che si sta diffondendo come se fossimo una comunità che sta arretrando e si sta assestando dentro un recinto con qualcosa da difendere dagli altri, tutti percepiti come nemici”. Con queste parole ieri sera il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha chiuso la prima giornata della Festa di Avvenire e di Vita Trentina a Fiera di Primiero (Trento).
“Dobbiamo riconoscere, invece, che c’è una Chiesa ,giovanissima in tutto il mondo che continua a crescere, ed è una Chiesa che la persecuzione la vive non solo nelle parole, ma sulla propria pelle e paga col martirio. Questa è Chiesa come la nostra, è la nostra Chiesa, e se noi siamo vivi lo siamo grazie alle claustrali e a questi martiri che continuano a generare la Parola in questo tempo. E tanti sono giovani. Mi passano davanti agli occhi le immagini dei migranti sgozzati dal Daesh in Nord Africa, che fino all’ultimo pronunciavano il nome di Gesù a fil di labbra. Questi martiri sono coloro che alcuni di noi non vorrebbero nemmeno guardare in faccia. Abbiamo, invece, il coraggio di ascoltare il Papa che parla senza mancare all’appello di nessuna delle parti. È questa la sfida di cui ogni giorno si fa carico Avvenire ogni nelle sue pagine”.
L’intervento di Tarquinio ha concluso l’incontro dedicato all’esortazione postsinodale Christus vivit. Nella quarta edizione della Festa del quotidiano gli organizzatori hanno deciso di continuare a riflettere sulla ricezione dei documenti di papa Francesco. Nell’oratorio di Pieve a Fiera di Primiero hanno dedicato il dibattito al tema “L’avvenire dei giovani e le nostre scelte di vita”. A confrontarsi sulle urgenze educative e pastorali sono stati Matteo Liut, vicecaposervizio della redazione Inserti di Avvenire, e Gioele Anni, giornalista e uditore al Sinodo sui giovani. Il dibattito è stato moderato dal direttore di Vita Trentina, Diego Andreatta.
In mattinata, i collaboratori e lo staff di Avvenire e Vita Trentina hanno percorso assieme all’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, una passeggiata dalla chiesa di San Marco a Transacqua fino alla chiesetta di San Giovanni in località “Prati Liendri”.
Nell’edificio affrescato da Francesco Maurizio nel 1547, non è mancato il richiamo alla salvaguardia del Creato: «Quattordici milioni di alberi abbattuti – ha scritto Tisi nel messaggio ai turisti – ci fanno percepire impotenti e indifesi di fronte alla forza della natura, dandoci anche una grande lezione sulla fragilità della vita e una provocazione a una gestione responsabile dell’ambiente».
In seguito don Carlo Tissot ha parlato dello zio, il vescovo Faustino Tissot (Transacqua, 1901 – Parma, 1991), originario proprio di Primiero. Tissot partì nel 1926 per la Cina come missionario, nel 1933 tornò in Italia. Per alcuni anni fu anche superiore dei Saveriani. Nel 1946 divenne vescovo e ripartì per la Cina.Lì fino al 1953, visse in una situazione difficilissima e rimase anche 18 mesi in carcere, subendo oltre a 25 processi. Nel 1954 rientrò in Italia: pesava 35 chili. Ebbe poi diversi incarichi in Vaticano. “Abbiamo anche oggi molte persone che lottano e soffrono per esprimere la loro testimonianza cristiana – ha detto don Tissot – abbiamo bisogno di persone così in questo tempo di smarrimento”.
Sul prato a quota 1200 metri davanti alla chiesa di San Giovanni, poi, il vescovo Tisi ha presieduto la Messa. Prima della celebrazione il presule ha salutato i numerosi presenti. Ma il “saluto principale” del presule è andato a John. Il giovane richiedente asilo, è stato battezzato durante la Veglia pasquale e “sta facendo un grande lavoro di integrazione per poi trovare anche lavoro”, come ha sottolineato Tisi.
“Nelle nostre comunità – ha detto poi il vescovo all’omelia – c’è qualcuno che rimane non perché ha visibilità sui social ma perché nella comunità ha trovato qualcosa di eterno.
Facciamo allora l’elogio del reale – ha sottolineato Tisi: occorre tornare al dato reale non restare ai dati del mondo virtuale molto spesso falsati”. Un ricordo particolare poi è andato ai 150 morti ieri nel Mediterraneo. “Forse – ha notato il vescovo – la realtà italiana è molto meglio di come viene narrata: ci viene fatto credere di avere il nemico in casa ma in realtà il nostro Paese è pieno di buone persone. Allora riconciliamoci con la realtà e con il bene che c’è e che solo una narrazione malata non ci fa vedere”.
Da Avvenire.it
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