Sull’esempio del santo di Pietrelcina monsignor Nunzio Galantino ha consegnato loro il «sogno» di essere «luce del mondo e sale della terra». Preghiera ispirata al Vangelo di Matteo
Sull’esempio di padre Pio, monsignor Nunzio Galantino consegna ai giovani che attendono papa Francesco il “sogno” di essere «luce del mondo e sale della terra». Cioè di applicare alla propria vita la via tracciata da Gesù nelle beatitudini. Il segretario generale della Cei ha presieduto a San Giovanni Rotondo la veglia di preghiera organizzata dai Frati cappuccini e dalla diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo (presente il provinciale, fra’ Maurizio Placentino).
Oltre 2.000 ragazzi si sono ritrovati nella chiesa di san Pio in vista dell’arrivo di Francesco. Prima un momento di festa e di musica con la partecipazione, tra gli altri, di suor Cristina e un saluto video della cantante Alessandra Amoroso. E poi la preghiera, durante la quale sono state presentate quattro figure di santità: Domenico Savio, Chiara Luce Badano, Chiara Corbella e naturalmente san Pio da Pietrelcina.
In precedenza Galantino era stato nella parrocchia di San Giuseppe per un incontro organizzato dalla Caritas, cui ha presenziato anche una famiglia giunta da un campo profughi della Giordania
, dove il segreterio generale della Cei si era recato in visita tempo fa.«Molti, tra noi, pensano ancora – ha sottolineato Galantino durante la veglia – che basti presentarsi come cristiani o cattolici perché ci venga subito dato credito positivo, perché ci venga riconosciuta la funzione di luce (punti di riferimento) e di sale (portatori di senso). C’è addirittura chi pensa che basta presentarsi vestiti in un certo modo o usare un certo linguaggio per essere automaticamente accreditati come persone sensate e che danno gusto e senso nuovi alla vita.
Diversa è la prospettiva di Gesù. «Presentandoci le Beatitudini e facendo subito seguire quel ”Voi siete sale … voi siete luce”, Gesù ha indicato la strada che è chiamato a percorrere il credente. Il discepolo di Gesù è chiamato a seguire una segnaletica ben definita, quella delle Beatitudini, fatta di passione per le opere di pace, di attenzione misericordiosa verso gli altri, di vita vissuta nella povertà e segnata dalla sobrietà. É questo che dà senso e gusto alla vita del credente, facendone una vita che risplende».
«L’amore non si dimostra ma si mostra – ha aggiunto il vescovo -. Il gusto autentico delle cose, non si dimostra, lo si realizza. La luce non va dimostrata, la luce va accesa e perciò stesso resa visibile.
Quando non c’è questa capacità di mostrare il vero gusto della realtà, vivendola in maniera evidente e percepibile, ricorriamo in maniera esagerata ad altri strumenti: l’argomentazione, la dimostrazione, l’organizzazione».
Il segreto è dunque contagiare gli altri con l’esempio, affinché si chiedano perché lo fai e in nome di chi. «Dobbiamo tornare a sorridere perché “beati”
e far sì che a chi ci incontra torni il sorriso – ha raccomandato Galantino -. Il sorriso, perché si sente compreso, perché incontra gente che non sopporta lo spirito guerrafondaio e respingente discriminante delle anime piccole. Dobbiamo tornare a sorridere e aQuesta santità, ha ricordato ancora il segretario generale della Cei, «costa più fatica di quella che poggia su un atto eroico». Ma santi e beati «sono uomini e donne che, in forza del loro legame con Cristo e forti della fiducia in Lui, si sono sporcati le mani e spesso la reputazione per fare più spazio dentro di sé ed attorno a sé a valori normalmente in ribasso; quali la sobrietà/povertà scelte al posto dello spreco, la lealtà come alternativa all’imbroglio, il compimento del proprio dovere in alternativa al disimpegno, la solidarietà concreta in alternativa al tornaconto e all’egoismo».
Infine il vescovo ha chiuso con una preghiera ispirata al Vangelo di Matteo. La riproduciamo integralmente qui sotto.
Signore,
Tu mi chiedi di essere “sale”.
Mi chiedi cioè di rimanere a contatto con la terra,
di essere presente nel mio tempo, qui ed ora.
Attento ai bisogni miei e a quelli
di coloro che mi stanno intorno.
Mi chiedi di essere “luce”,
in un momento in cui
la tenebra sembra farsi più spessa.
La luce mi permette di vedere il contorno e i colori delle cose,
della realtà e del mondo,
nelle loro sfumature, nella loro bellezza.
Ma permette anche di conoscere i loro innumerevoli bisogni.
Dài sapore, Signore, alla mia vita;
dài consistenza alle mie speranze;
dài fiducia alle mie paure;
dài luce alle mie oscurità,
dài pace al mio cuore, ai miei pensieri, alle mie emozioni.
Fammi capire, Signore,
che sarò “sale”, se saprò essere mite,
in questo tempo di arroganza;
uomo di pace,
in questo tempo di prevaricazione;
libero dalle “cose”,
in questo tempo in cui
la persona “vale” in ragione
del conto in banca che possiede.
Fammi capire che sarò davvero “sale” e “luce”
se sarò impegnato a denunciare ogni sfruttamento in un Occidente
che ha fondato il proprio benessere sull’ usurpazione.
Sarò “sale della terra” se, con e nel mio ambiente,
non mi tirerò indietro dinanzi ai bisogni degli altri.
di Mimmo Muolo per Avvenire on line
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