Mons. Nzapalainga ha guidato personalmente il suo fuoristrada, facente parte di un convoglio di aiuti umanitari organizzato dalla Chiesa cattolica a favore dei 600 rifugiati di Yaloké. Con lui c’era una delegazione di capi religiosi guidata dall’imam di Bangui, Oumar Kobine Layama.
Alla guida di un altro pick-up c’era suor Julietta, una religiosa originaria della Corea del Sud della congregazione di Saint-Paul de Chartres, responsabile del Centro sanitario de Notre-Dame di Fatima di Bangui. Accanto a lei c’erano altre due infermiere.
Al campo profughi mons. Nzapalainga ha cercato di rassicurare gli sfollati: “Sono qui con l’imam che ho accolto a casa mia durante cinque mesi. Non è sufficiente dire ‘bisogna vivere insieme’, ma occorre tradurre queste parole in atti concreti”. La situazione a Yaloké rimane precaria, ma l’arcivescovo, nel riprendere la strada verso Bangui, ha promesso: “torneremo presto, non vi abbandoneremo”. Di Redazione Papaboys fonte:Radio Vaticana
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