Spesso si sente dire dai preti che non andare a Messa la domenica è peccato mortale. Ma come si può paragonare un peccato del genere con l’omicidio o l’adulterio o la truffa a danno dei poveri che sembrano cose assai più gravi del non andare alla Messa che può rientrare, a seconda dei casi, nel peccato di superficialità, di ignoranza o di dimenticanza e che in fondo non lede la fede né il comportamento morale del cristiano?
Come lei ben sa, andare a Messa la domenica rientra nel Terzo Comandamento del Decalogo: «Ricordati di santificare le feste».
Certamente uno può avere tanti motivi per non andare alla Messa domenicale, e forse tra questi possiamo mettere anche, come dice lei, la sbadataggine o la dimenticanza, ma è certo che un vero cristiano, cioè uno che crede le cose che ha insegnato Gesù Cristo, non si dimentica di Lui, del suo Sacrificio, della sua opera di Salvezza che vive e persiste integra ed efficace nel sacramento dell’Eucaristia che si celebra in ogni Santa Messa.
Che la Chiesa abbia tratto un precetto formale dal divino Comandamento è stato necessario. Non si può amare Dio solo a parole o solo nel servizio e nell’esercizio della carità sociale, come si pensa oggi: bisogna amare anche Dio per Se stesso, perché è Dio e perché ci ha detto, nella sua Seconda Persona, cioè Gesù Cristo, che è presente nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia.
Ora il modo più semplice, seguendo la tradizione biblica che santificava il sabato, di rendere un I culto minimo, ma almeno sufficiente a Dio è quello di santificare la domenica, cioè il giorno della Risurrezione del Signore, con la partecipazione alla Santa Messa.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha sottolineato caldamente questo aspetto dell’appartenenza alla Fede cristiana nella Lettera Apostolica Dies Domini del 31 maggio 1998: «Sembra più che mai necessario ricuperare le motivazioni dottrinali profonde che stanno alla base del precetto ecclesiale, perché a tutti i fedeli risulti ben chiaro il valore irrinunciabile della domenica nella vita cristiana.
Così facendo, ci muoviamo sulle tracce della perenne tradizione della Chiesa, vigorosamente richiamata dal Concilio Vaticano II quando ha insegnato che, nel giorno della domenica, “i fedeli devono riunirsi in assemblea perché, ascoltando la parola di Dio e partecipando all’Eucaristia, facciano memoria della Passione, della Risurrezione e della Gloria del Signore Gesù e rendano grazie a Dio che li ha rigenerati per una speranza viva per mezzo della Risurrezione di Gesù Cristo dai morti (cf. 1Pt 1,3)” (Se 106)» (n. 6).
Lei dice che non andare a Messa non lede la fede, né il comportamento morale del cristiano. Evidentemente lei ha perso il senso del valore profondo, mistico, spirituale, soprannaturale della Santa Messa.
È proprio nella Santa Messa, e solo nella Santa Messa, a meno di un dono straordinario ed imprevisto dall’alto, che il cristiano rinnova e rafforza la sua fede e la sua virtù morale e se gli capita, per propria colpa, di non andarvi, perde una grazia specialissima ed unica di crescere nella fede e di perfezionarsi nella virtù. “Ogni lasciata è persa”, dice il vecchio proverbio.
Dunque la Messa non è una semplice manifestazione comune, qui c’è traccia di antiche ideologie politiche che Si servivano di incontri o manifestazioni pubbliche per esprimere il loro credo storico-sociale, la Messa è mistero soprannaturale, divino, istituito da Cristo stesso per nostra redenzione e non c’è surrogato umano che , possa sostituirlo, né chimico, né biologico, né psicologico, né sociale.
La Messa è un “unicum” al quale il cristiano dovrebbe tendere come il pesce all’acqua e ogni vivente all’ossigeno. Se uno vive la realtà della fede non potrebbe più vivere senza la Messa. Il languore e la tiepidezza dipendono, questo sì, dal peccato originale, attuale, abituale, ripetuto e alla fine incancrenito in concezioni totalmente erronee che mettono al primo posto i peccati contro l’uomo e al secondo i peccati contro Dio.
Se è vero che è grave commettere l’omicidio, l’adulterio e l’oppressione dei poveri, tanto più è vero che è grave dimenticarsi di Dio che è il Bene, tutto il Bene, il sommo Bene e l’origine di ogni altro bene.
Dal rinnovato amore a Dio si riusciranno a vivere anche gli altri Comandamenti che tutelano l’amore del prossimo. Viceversa se non si ama Dio, anche l’amore del prossimo subirà la stessa fine, cioè la dimenticanza e l’oblio.
Redazione Papaboys (Fonte www.stellamatutina.eu)
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E io vi chiedo:e' così grave tanto da permettere al sacerdote di mandare indietro una ragazzina di dieci anni che si accosta all'eucarestia perché,secondo lui,nel periodo estivo non avrebbe partecipato a tutte le messe domenicali?
mandarla indietro se non si confessa è giusto. Basta che faccia la confessione e tutto torna normale :)
Quindi, dal suo "ragionamento" sopra chi non va in chiesa ha più probabilità di commettere peccati contro l'uomo, come l'omicidio. Queste stupidaggini me le dicevano miei genitori a 10 anni. Peccato che, al di la di tante parole vuote colorate di frasi mistiche, la storia, la cronaca, e la mia esperienza di vita dimostrino proprio il contrario. I criminali, spesso i peggiori, sono persone con educazioni religiosa e che spesso vanno pure a messa (vedi mafiosi, fanatici assassini ecc). E spesso anche chi compie azioni di invidia, vendetta, maldicenza, aggressione psicologica e verbale, cioè piccole azioni "contro l'uomo" dettate dalla frustrazione, spesso accompagnate dall'ipocrisia di predicare una cosa e di fare l'opposto, sono persone con alle spalle una educazione religiosa "praticante". Con rispetto, un ormai ateo .... incensurato.
Non andare a Messa è peccato, è indiscutibile. Ma non è che chi va Messa va in Paradiso e chi non va a Messa va all'inferno. Dipende dai casi. I parametri di valutazione sono tanti. Si può andare a Messa sempre e essere disonesti e non andarci e essere onesti.
E' troppo superficiale valutare così. Siamo tutti peccatori, persino i Santi cadono nei peccati (almeno veniali) quindi teoricamente non ci sarebbe nessuno in Paradiso se valutiamo solo così. Infatti in Paradiso non può entrare nulla di impuro. La Bibbia dice che il giusto pecca sette volte al giorno, perciò il peccato va valutato bene.