Per la teologa Marinella Perroni non possiamo liberarci dagli stereotipi di genere se continuiamo a parlare di “donna” come simbolo anziché di donne, che invece sono reali. La giornalista Costanza Miriano, in libreria con il nuovo saggio Quando eravamo femmine (Sonzogno), è contraria al “gender fluid” e favorevole «al mantenimento di alcuni stereotipi, perché le differenze sono una ricchezza». Nella festa della donna di questo 8 marzo le abbiamo interpellate con domande identiche sul ruolo delle donne nella Chiesa del terzo millennio e molto altro.
Chiesa è un sostantivo femminile. Trova che la Chiesa sia ancora misogina? Perché?
Costanza Miriano (C.M.) «No, non so neanche se lo sia mai stata. Lo sguardo di Gesù è stato sempre a difesa delle donne. Ho sempre trovato nella Chiesa lo sguardo che mi definiva meglio».
Marinella Perroni (M.P.) «La Chiesa non è mai stata misogina, gli uomini di Chiesa sì. Credo ci sia ancora molta difficoltà e confusione a relazionarsi con le donne, abbiamo bisogno di tempo e familiarità reciproca».
Nella Chiesa del terzo millennio, i carismi della donna come potrebbero essere valorizzati?
C.M. «A me sembra di essere fin troppo ascoltata: spesso mi chiamano sacerdoti, anche vescovi e cardinali, a dare la mia testimonianza. Sarebbe bello che a tutte venisse data questa possibilità, ma dovremmo essere noi a prendercela: c’è così tanto bisogno di donne e sorelle».
M.P. «Non esistono carismi della donna, ma carismi che lo Spirito dona alla Chiesa di cui fanno parte uomini e donne, come dice san Paolo (1Corinzi 12): essere apostoli, profeti e maestri. Lo Spirito non guarda il sesso nel distribuire i carismi: sarebbe un po’ indiscreto!».
Un’espressione efficace per definire il suo ruolo nella società e nella Chiesa, come donna.
C.M. «Noi donne siamo come uno specchio che rimanda alla società e alla Chiesa l’immagine della bellezza possibile».
M.P. «Teologa cristiana».
Si sente interpellata, come donna, dal magistero di papa Francesco? Da quale aspetto in particolare?
C.M. «Dal suo continuo richiamo alla differenza tra maschile e femminile, all’importanza della differenza, al gender come sbaglio della mente umana».
M.P. «Sicuramente il magistero di papa Francesco è provocatorio, perché tende a ribaltare stereotipi, soprattutto dando il primato alla realtà per capire cosa Dio e il Vangelo chiedono oggi».
Se Bergoglio facesse delle “audizioni” per scegliere alcune donne come sue consigliere e fosse tra le candidate, quali motivazioni gli darebbe per sceglierla?
C.M. «Credo che non mi sceglierebbe mai! Potrei dirgli che non siamo umanamente molto affini, quindi se uno vuole un altro punto di vista deve scegliere qualcuno lontano da sé. Credo di poter parlare a nome di moltissime donne: ne incontro centinaia ogni settimana».
M.P. «Che non la penso del tutto come lui e che sarebbe importante discutere insieme».
Secondo lei nella Chiesa c’è bisogno di sfatare le equazioni suora = serva, donna = moglie + madre?
C.M. «Allora dovremmo sfatare anche l’equazione re = crocifisso. Se c’è chi ne approfitta, usando le suore senza valorizzarle, ne dovrà rispondere davanti a Dio. Ma ognuno dovrebbe accogliere con amore il servizio che gli viene chiesto».
M.P. «Basterebbe sfatare donna = serva».
Come convincere gli uomini “di Chiesa” (laici, religiosi, sacerdoti) ai vantaggi della reciprocità e della complementarietà fra maschi e femmine?
C.M. «Con molta cautela, dovuta al voto di castità, sarebbe bello che anche i religiosi godessero di amicizie di donne e le religiose di amicizie di uomini. Tutti dovrebbero avere amici dell’altro sesso e ascoltarsi».
M.P. «Basterebbe ragionare insieme sugli svantaggi della distanza fra uomini e donne, cioè sulla lunga storia della Chiesa».
Sul volo di rientro dal Messico, Bergoglio ha detto: «Un uomo che non sa avere un buon rapporto di amicizia con una donna è un uomo a cui manca qualcosa». Quale il valore aggiunto di queste amicizie?
C.M. «Ho amici sacerdoti senza nessuna ombra di malizia. In concreto, una donna riconciliata e pacificata sa fare spazio dentro di sé, mediare e trovare il modo di includere, il punto di incontro, una soluzione che non ferisca e offenda».
M.P. «Credo che il valore umano aggiunto sia l’amicizia con tutti. Chi apprende il valore dell’amicizia capisce che non possono esistere esclusioni, tantomeno dovute alla differenza sessuale».
Se dico Festa della donna, a cosa pensa? Cosa vuole augurare alle donne?
C.M. «Penso che ce l’hanno scippata ed è diventata il simbolo di cosiddette conquiste. Auguro alle donne di mettere la loro complessità ferita nel Signore, che con il suo sguardo dice a ognuna che è bella».
M.P. .«Non amo la definizione “donna”: esistono le donne. A cui posso augurare di prendere sempre più coscienza della loro storia collettiva, in tutti i Paesi e le situazioni, perché da questa possono ricevere grande forza».
Se potesse scegliere una santa protettrice per la Festa della donna, quale indicherebbe?
C.M. «Forse santa Teresa d’Avila, che conosceva l’animo femminile come poche altre. Una fondatrice che ha cambiato il volto del suo tempo, amica di san Giovanni della Croce».
M.P. «Penso che la Festa debba essere assolutamente laica, quindi non va messa sotto tutela di una “patrona”. Fra l’altro, abbiamo tante donne che hanno dato la vita per costruire il mondo in cui siamo e dovremmo ricordare loro. Penso a chi ha lottato per il diritto di voto, d’istruzione, al lavoro, per la famiglia come scelta».
Costanza, il suo augurio per l’8 marzo a Marinella.
«Le auguro con affetto e “sorellanza” di sentirsi sempre più amata, e di ricevere prima di tutto dal Signore lo sguardo d’amore che più desidera, lei che lo pratica più di me anche con il suo studio, e che sarà ricambiata di tanta pienezza».
Marinella, il suo augurio per l’8 marzo a Costanza.
«Vorrei dirle di entrare sempre più in dialogo con il mondo delle donne, di tutte le donne, perché la realtà delle donne può rappresentare oggi un autentico “magistero”».
Redazione Papaboys (Fonte www.credere.it)