In questo clima di follia omofila, abortista, consumista, divorzista, conviventista (neologismo gratuito), le seguenti riflessioni di Chesterton sono un ottimo antidoto a tutte le teorie che a poco a poco stanno trasformando le voglie dell’io in legge della natura. La lotta è aspra. Siamo di fronte ad una nuova dittatura, dove la libertà apparente, è soltanto specchio per le allodole, dove i grandi manovratori cercano di seminare le personali ideologie. Siamo schiavi. La società vive dentro la gabbia dorata del tutto è permesso, perché tutto è diritto. Il relativismo aggressivo appoggiato dall’ideologia del genere continua la sua opera di distruzione del sistema antropologico dell’uomo. Verso dove andiamo?
Il matrimonio secondo Chesterton-. “E’ vero che tutte le donne di buonsenso pensano che tutti gli uomini di studio siano pazzi. Se è per questo, è vero anche che tutte le donne di qualsiasi tipo pensano che tutti gli uomini di qualsiasi tipo siano pazzi. Ma non te lo scrivono in un telegramma, così come non scriverebbero che l’erba è verde o che Dio è misericordioso. Queste sono verità evidenti e spesso, note anche in privato” (da “Il Club dei mestieri stravaganti”). “La variabilità è una delle virtù di una donna. Essa consente di evitare le esigenze più grevi della poligamia. Se si dispone di una buona moglie, si è sicuri di avere un harem spirituale (“Daily News”). “Se gli Americani possono divorziare per “incompatibilità di carattere”, mi chiedo come mai non abbiano tutti divorziato. Ho conosciuto molti matrimoni felici, ma mai nessuno “compatibile”. Tutto il senso del matrimonio sta nel lottare e nell’andare oltre l’istante in cui l’incompatibilità diventa evidente. Perché un uomo e una donna, come tali, sono incompatibili” (da “Cosa c’è di sbagliato nel mondo“). “Vorrei dire per via di metafora che i sessi sono due ostinati pezzi di ferro, che se mai si potranno fondere, si fonderanno allo stato incandescente. Ogni donna finirà per scoprire che suo marito è un animale egoista, se paragonato all’ideale femminile. Ma è bene che ella compia la scoperta della bestia mentre entrambi si trovano ancora a vivere la storia de “La Bella e il Mostro”. Ogni uomo deve scoprire che sua moglie è irritabile, vale a dire tanto sensibile da fare impazzire: perché di fronte all’ideale maschile ogni donna è folle… Tutto il valore dei normali rapporti fra uomo e donna sta nel fatto che essi incominciano veramente a criticarsi quando incominciano ad ammirarsi davvero. Ed è bello che sia così. Io sostengo, e non rifiuto alcuna parte di responsabilità in tale affermazione, che è meglio che i due sessi non si comprendano, fino al momento in cui si uniranno in matrimonio. E’ bene che non abbiano la conoscenza prima di avere il rispetto e la carità… Coloro che da Dio vennero separati, nessun uomo osi unire” (da “L’uomo comune”).
“La donna media è a capo di qualcosa di cui può fare ciò che vuole; l’uomo medio deve obbedire agli ordini e nient’altro” (da All thing considered). “La famiglia è il test della libertà, perché è l’unica cosa che l’uomo libero fa da sé e per sé” (da Fancies versus fads). “Amore mio, che altro posso fare? Quale altra occupazione può avere un uomo valido su questa terra, fuorché di sposarvi? Che alternativa c’è al matrimonio, eccetto il sonno? Non certo la libertà. A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in Irlanda, bisogna sposiate un Uomo, cioè a dire Me. La terza ed ultima ipotesi sarebbe che sposaste voi stessa e viveste con voi, voi, voi sola: cioè a dire in quella compagnia che mai è soddisfatta e non soddisfa mai” (da “Le avventure di un uomo vivo”). “M’avete persuaso che, abbandonando la propria moglie, uno realmente commette qualche cosa d’iniquo e pericoloso, […] perché nessuno potrà più trovarlo, e invece tutti abbiamo bisogno di essere trovati” (da “Le avventure di un uomo vivo”). “Matrimoni imprudenti! E ditemi: dove mai in cielo o in terra si son visti matrimoni prudenti? Altrettanto varrebbe discorrere di suicidi prudenti!” (da “Le avventure di un uomo vivo”). “Il matrimonio è un duello all’ultimo sangue, che nessun uomo d’onore dovrebbe declinare” (da “Le avventure di un uomo vivo”).
Gilbert Keith Chesterton (Londra, 29 maggio 1874 – Beaconsfield, 14 giugno 1936) è stato uno scrittore, giornalista e aforista inglese. Scrisse un gran numero di opere di vario genere: romanzi, racconti, poesie, biografie e opere teatrali; amò molto il paradosso e la polemica. Fra le sue opere ricordiamo Il Napoleone di Notting Hill (suo primo romanzo) e la serie di scritti che hanno come protagonista la figura di Padre Brown. Ha infatti scritto quasi cento libri tra cui alcuni saggi e biografie (su Charles Dickens, Francesco d’Assisi e Tommaso d’Aquino), composto poesie, opere teatrali (Magic), romanzi, racconti brevi, un numero difficilmente calcolabile di articoli di giornale (firmati GKC) e partecipato a numerose dispute con H. G. Wells e George Bernard Shaw. È inoltre uno dei pochi intellettuali ad avere avuto il coraggio di opporsi pubblicamente alla guerra boera. Collaborò, tra l’altro, alle riviste italiane La Ronda (animata tra gli altri da Emilio Cecchi, che lo incontrò e intervistò più volte) e Frontespizio.
Le opere di Chesterton sono brillanti, arguti, umoristici e spesso anche paradossali, soprattutto quando si tratta di commentare la politica, l’economia, la filosofia, la teologia. Questo ha fatto sì che Chesterton venisse spesso accostato a scrittori come Charles Dickens, Oscar Wilde, il suo contemporaneo ed amico George Bernard Shaw e Samuel Butler. Ciò che tuttavia lo contraddistingue è il fatto di pervenire a conclusioni spesso diametralmente opposte rispetto ai suoi predecessori e ai suoi contemporanei. La ricerca intellettuale si fa più intensa ne L’uomo che fu Giovedì (1908) in cui all’ideale della creazione di un mondo nuovo da parte di uno strano gruppo di sette anarchici che hanno gli stessi nomi dei giorni della settimana, viene contrapposto quello della ricerca della felicità intesa come il vero compimento dell’uomo, dello scontro tra il bene e il male: “Il male è troppo grande e non possiamo fare a meno di credere che il bene sia un accidente, ma il bene è tanto grande che sentiamo per certo che il male potrà essere spiegato”. Lo scontro tra bene e male diventa perciò in Chesterton uno scontro anche tra ottimismo laico e ottimismo cristiano. Così infatti scrive in Ortodossia (1908): “Tutto l’ottimismo di quest’epoca è stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo. L’ottimismo cristiano invece è basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo”. a cura di Vittoria Patti e Ornella Felici