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Chi non vuole la verità su Giulio Regeni

Chi non vuole la verità su Giulio RegeniLa gente scrive sugli striscioni: Verità per Giulio. Lo vedo fuori da Tor Vergata quando sono sul Raccordo Anulare. I fatti sono che a due mesi dal ritrovamento del cadavere ancora non abbiamo una versione credibile di come è andata. Ma, a parte i genitori, gli amici e la gente qualsiasi, chi vuole davvero conoscere la verità su Giulio Reni, che era andato in Egitto non a fare la guerra ma a fare ricerca?
Sembra che qui la verità, più che scoprirla, la si voglia coprire. Ma il problema, con la verità, è che ti salta sempre fuori. È come una luce, non è facile nasconderla. Ti esce fuori da un buchino, una fessura, un pertugio. Per la menzogna basta anche un lieve lumignolo a illuminare tutto, e si vede tutto.

Quello che sta accadendo con Giulio mi ricorda cerchi casi di stupro: prima di cercare la verità, cioè prima di volgere lo sguardo, le indagini, verso gli aggressori, si esamina la vittima e la sua vita, perché deve dimostrare che la colpa di essere stata stuprata non era la sua. Giulio è stato torturato così a lungo che i genitori non hanno potuto riconoscerlo dal cadavere: “solo la punta del naso” era intatta.

Nel corso delle settimane, il ministero dell’interno egiziano ha diramato almeno cinque versioni diverse sulla morte del giovane ricercatore italiano. Si è andati dall’ipotesi dell’incidente stradale fino all’omicidio a sfondo omosessuale, dal banale atto criminale di un delinquente qualunque fino all’uccisione portata a termine per destabilizzare il governo del generale Al Sisi da parte di spie dei Fratelli musulmani.
Finora, insomma, si è detto tutto quello che Giulio non era.

D’altro canto, i genitori e gli amici continuano a raccontare con poche parole e tanta sobrietà, quante erano le cose belle in cui Giulio credeva e che faceva. E allora cosa aspettiamo? Quanto aspettiamo? Aspettiamo di deciderci a volerla sapere la verità. Mi unisco ai genitori di Giulio che hanno detto benissimo quello che vogliono: la verità, una sola. Non solo per Giulio ma per tutti. La verità è sempre per tutti. Se no, è una versione dei fatti e ne abbiamo già avute cinque.

Chi non vuole sapere la verità? Risposta: la paura del terrorismo e gli affari in corso. L’Eni ha impianti nel delta del Nilo, estrae petrolio nel deserto, ha appena scoperto un enorme giacimento offshore con riserve di gas per 850 miliardi metricubi. Altre 130 aziende italiane fanno affari al Cairo. C’è il turismo, c’è Intesa San Paolo, c’è Edison e ci sono tutti i grandi costruttori: Caltagirone, Techint, Italcementi. Del mercato egiziano dicono che non possiamo fare a meno. Anche perché Al Sisi ha promesso che nei prossimi anni investirà 100 miliardi nell’edilizia.

Il prossimo 5 aprile ci sarà un incontro tra la polizia di Roma e quella del Cairo per un punto della situazione. Le autorità egiziane consegneranno tutta la documentazione richiesta dagli inquirenti italiani e quella ulteriormente raccolta. I genitori chiedono di esporre fino ad allora lo striscione “Verità per Giulio Regeni”.

Come dicono i suoi genitori “vogliamo soltanto la verità su cosa è accaduto a Giulio. È giusto per lui. È giusto per tutti. Vi siamo grati e pensiamo che continuare a chiedere la verità sia una battaglia anche per tutti quelli che, come Giulio, sono stati oggetto di inspiegabile violenza”. E chiedono il regalo di esporre quello striscione. Aspettiamo il 5 aprile. Verità e speranza stanno bene a braccetto.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingtonpost


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