Non si tratta di vero movimento collettivo, come quelli studiati da Norman Cohn o da Francesco Alberoni, tendenti a realizzare una società giusta o felice, la Gerusalemme celeste sulla terra. Esso è, invece, un movimento parziale, sintomo dell’insoddisfazione per una società priva di ideali, che soprattutto i giovani non riescono a sopportare a lungo. Insomma, i giovani non nascono cinici, semmai lo diventano. Nella società dei consumi è assai comune ritrovarsi la casa e la vita piene di cianfrusaglie inutili e incapaci di aiutarci a superare la solitudine di un mondo sempre più incomprensibile.
Per chi non ha più energie né sentimenti, l’unica via resta quella degli ansiolitici, i medicinali più venduti in Italia. Per i più giovani, che non sono ancora stati divorati dalla depressione e dal cinismo, c’è di nuovo la strada, l’esperienza diretta, il desiderio di maestri attendibili e la fede. Diversi piccoli sintomi di questo malessere si possono cogliere dall’89 ad oggi. Si può pensare al movimento ecologista a Seattle, alle manifestazioni antinaziste in Germania o in Austria e anche a qualche mega-raduno rock. Probabilmente, piccole scosse telluriche che, tuttavia, gli studiosi diffidano dal presentare come premesse di una rivoluzione. Il problema è il rapporto di questi fenomeni con la comunicazione di massa. La rivoluzione francese ha impiegato 30, 40 anni ad incubare gli ideali dell’illuminismo.
La comunicazione di massa riduce i tempi di incubazione ma anche la forza dei movimenti. Insomma, i movimenti parziali potrebbero anche essere diventati la veste definitiva dei movimenti di massa. Quello che possiamo affermare è che, nella storia, tutti i movimenti collettivi sono nati da idee religiose e poi sono andati contro la Chiesa istituzione. Pensiamo ai poverelli di San Francesco d’Assisi o al movimento di Davide Lazzeretti sul monte Amiata. Nella seconda metà dell’Ottocento, i movimenti di massa si servono di idee secolarizzate anziché religiose. Il meccanismo, tuttavia, resta lo stesso. C’è una frustrazione iniziale e il riconoscimento di un gruppo sulla base di un obiettivo comune. Alla fine, se il movimento ha successo, diventa esso stesso Chiesa, Stato o partito politico.
Il messaggio cattolico è rimasto l’unico strumento di appello alla morale contro il cinismo del presente, per protestare, altresì, contro lo sfruttamento dei bambini del terzo mondo e contro le brutture del capitalismo. Dall’efficacia di questo messaggio, inoltre, si rileva che i suoi contenuti propriamente dogmatici sono ridotti al minimo. La fede si trasforma in un messaggio pubblico nelle grandi dimensioni mass mediali semplificandosi, drammaticamente, nei suoi contenuti di verità. L’enunciazione di grandi valori non possono non raccogliere il consenso di tutti i cattolici e laici. La predicazione del Papa sulla libertà, la democrazia, la pace, la solidarietà, l’abolizione della pena di morte, l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, sono proprio i valori della morale laica o meglio quei valori della morale cristiana che la società moderna ha appreso dal Vangelo e che spesso ha difeso contro le stesse posizioni “oscurantiste” della Chiesa, in alcuni periodi della sua storia. Questa analisi evidenzia un ulteriore problema tra la Chiesa e i giovani. Quest’ultimi dicono di credere, ma in fondo troviamo un gap tra il dire e l’esperienza, in particolare, per le tematiche inerenti al peccato della carne o alle nuove frontiere che la bioetica vorrebbe imporre. Da un lato, la Chiesa mostra un nuovo valore, mobilita le piazze e le masse ma, allo stesso tempo influenza sempre meno concretamente e formalmente la vita e la società. La pratica religiosa scompare sempre più dalla realtà sociale; si riempiono le piazze ma ogni giorno di più si svuotano le chiese. E’ proprio questo il pericolo al quale la Chiesa cattolica rischia di andare incontro.
Dovrà riuscire a conciliare la sempre maggiore richiesta di autonomia e la più sentita soggettività, con i punti fermi della credenza altrimenti il lievito cristiano sarà sempre più sottoposto a perdersi e a svanire. Questo non significa la fine del cristianesimo ma una modificazione antropologica dello stesso, una vera trasformazione. Nel futuro, la Chiesa dovrà basarsi su quello che può essere definito come un connotato mistico, ossia l’esperienza di un soggetto che sceglie valori in modo autonomo e su questi fonda la propria vita. Il futuro o sarà multireligioso o non ci sarà. In una società multietnica, sempre più uomini e donne si incontrano venendo da esperienze diverse. La diversità non comporta la separazione, ma la comunicazione e la compenetrazione dei diversi valori. Questo comporterà un arricchimento, una maggiore creatività, in funzione di quella autonomia e di quella soggettività sempre più rivendicata dall’uomo del nostro tempo. di Salvatore Severi
LA PRIMA PARTE DELLA RIFLESSIONE:
CHI SONO I PAPABOYS? (1)
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