Nelle sale il 3 dicembre, a pochi giorni dall’inizio del Giubileo, racconta la storia di Jorge Mario Bergoglio, dagli studi di chimica fino alla vocazione. Spiega il regista Daniele Luchetti: “Il mio modello è stato The Queen di Stephen Frears, ho cercato l’asciuttezza inglese”
Quasi settecento copie, tante quando James Bond, già venduto in 40 paesi del mondo sia nella versione cinematografica che in quella televisiva, quattro ore da cinquanta minuti che si vedranno tra un anno e mezzo su Canale 5. Chiamatemi Francesco, il primo film sul Papa, firmato da Daniele Luchetti (Il portaborse, La nostra vita) sarà presentato in anteprima in Vaticano martedì prossimo di fronte a settemila fedeli scelti dalla Santa Sede, settemila persone invitate dalle parrocchie (ed è divertente scoprire che la mamma del regista ha ricevuto l’invito dal suo centro anziani). Il film sarà in sala dal 3 dicembre, a pochi giorni dall’inizio del Giubileo, l’8. “Se il Papa ci sarà non possiamo saperlo – dice il produttore Pietro Valsecchi – ma siamo già contenti che il film è stato approvato da Don Guglielmo Karcher, il cerimoniere di Papa Francesco che dopo aver visto il film, è stato per un momento in silenzio e poi ha detto: ‘Avete fatto un buon film'”.
Chiamatemi Francesco ricostruisce il percorso di Jorge Mario Bergoglio dalla scelta di lasciare gli studi di chimica, la fidanzata per seguire la vocazione ed entrare poco più che ventenne nell’ordine dei Gesuiti, attraverso i difficili anni della dittatura, come Padre Provinciale responsabile di un istituto dove finì per nascondere semineristi e giovani che sfuggivano dalla polizia di Videla. Dalla drammatica esperienza dei desaparecidos e del terrorismo di stato, Bergoglio ne esce provato e da qui matura la decisione di occuparsi degli ultimi, il film racconta gli anni Novanta e il suo impegno come sacerdote di strada. Fino alla chiamata che viene direttamente dal Papa, da Giovanni Paolo II che attraverso la figura del cardinale Quarracino arcivescovo di Buenos Aires gli chiede di diventare vescovo ausiliare della metropoli argentina e di occuparsi soprattutto delle periferie. Fino alla storica giornata dell’11 febbraio 2013 quando Papa Benedetto annuncia il suo ritiro e si prepara il conclave che eleggerà Bergoglio Pontefice, il film si chiude sulle vere immagini di Piazza San Pietro: “Buonasera!”.
“La preoccupazione più grande era quella di non fare il santino – dice Luchetti – volevo evitare quei momenti dei biopic in cui il regista in qualche modo dà di gomitata al pubblico per dire vedi già si capiva che sarebbe diventato Papa. Il mio modello è stato The Queen di Stephen Frears, ho cercato l’asciuttezza inglese. Per raccogliere informazioni sulla sua giovinezza abbiamo fatto un lungo viaggio in Argentina, abbiamo parlato con tantissime persone, amici, fedeli, praticamente a Buenos Aires non esiste persona che non abbia un ricordo personale sul Papa. Poi però ho smesso di pensare che fosse una persona viva e vegeta e che abitava ad un chilometro da casa mia, ho persino smesso di leggere i giornali che parlavano del Papa. Oggi scopro che è in Africa e che è un viaggio importante”.
Un viaggio da cui rientrerà lunedì giusto in tempo, se lo volesse, per partecipare all’anteprima in sala Nervi, mentre il produttore si lascia scappare che una copia del film con i sottotitoli in inglese sta partendo per la Casa Bianca per il Presidente Obama. Certo per Bergoglio potrebbe essere una visione dolorosa, i momenti drammatici della dittatura sono raccontati con molto realismo (“mi sono affidato molto al mio cosceneggiatore argentino – dice Luchetti – mi ha aiutato a tenere la barra alta”): i compagni scomparsi, la sua professoressa di chimica gettata da un aereo militare nell’oceano come è avvenuto a tanti scomparsi.
Interpreta il Bergoglio giovane l’attore argentino Rodrigo De La Serna che dice: “Ho sentito principalmente la responsabilità di ritrarre una figura di quella statura, la difficoltà non è stato tanto interpretarlo in modo credibile esteriormente quanto rendere la sua emotività, interiorità e spiritualità soprattutto, questo è un personaggio che mi ha insegnato quasi a pregare”.
Gli fa eco Sergio Hernandez che interpreta il Bergoglio della maturità quello che arriva a Roma per il Conclave e affida i suoi ricordi ad un tramonto romano: “E’ sicuramente il ruolo più importante della mia carriera – dice – ho fatto una specie di ritiro spirituale con Bergoglio, mi sono messo a sentire i suoi discorsi, le sue messe, ho tagliato ogni altro contatto col mondo, ho chiuso le altre cose su cui stavo lavorando e anche oggi faccio fatica a togliermelo dalle spalle”. “Ho iniziato questo viaggio che non credevo – racconta Luchetti – e oggi mi ritrovo se non altro a credere nelle persone che credeno. In Argentina abbiamo conosciuto preti straordinari e l’incontro con la figura di Papa Francesco mi ha completamente sedotto”.
Redazione Papaboys (Fonte www.repubblica.it/Chiara Ugolini)
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