L’ultima domenica dell’anno liturgico termina con la Solennità di Cristo Re dell’universo. Questo Re si è chinato e ha dato la vita per i suoi servi insegnando la via dell’amore, del servizio, della misericordia, del perdono, della giustizia, della pace. E’ un Re che è salito sul trono della croce per dare tutta la sua vita per la salvezza dei suoi figli. E’ un Re santo che chiama tutti alla santità. Chi è il cristiano? Esso, secondo le parole di Isaia è ” luce delle nazioni perché porti la mia salvezza – quella del Signore – fino all’estremità della terra” (Is 49). Cosa deve fare il credente per restare sempre luce e portare nel mondo questa salvezza?
Deve, innanzitutto, stabilire con il suo Signo¬re un legame di amore, di amicizia, di obbedienza, di pace. L’universalità della salvezza è il dato della rivelazione biblica. La Chiesa santa di Dio è cattolica; deve, perciò, abbracciare ogni uomo di ogni tempo, di ogni cultura, di ogni razza. Ciò che è verità di fede deve trasformarsi in realizzazione storica, in compimento nel tempo, abbattendo chiusure e fal¬se certezze di una salvezza già acquisita per tutti. Oggi, purtroppo, in molti ambienti non si vede più la necessità di proclamare il vangelo e i sacramenti, poiché, indipendentemente da essi, il Signore salva comunque ogni uomo annunciando una falsa misericordia. È una grande falsità ed è grande stoltezza dire questo. Gesù lo ha detto: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mt 16,15-18).
Dice ancora Gesù: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4). Senza conversione e senza adesione al vangelo che deve diventare vita nella vita del credente non ci può salvezza. Ogni credente oggi viene messo dinanzi a due strade. La prima, la strada senza il vangelo. Forse è una strada facile, dalle felicità effimere, momentanee, ma anche la strada che apre il cuore ad ogni sorta di immoralità perché il sentire e il dire comune è questo: “la vita è mia e faccio quello che voglio” e in virtù di questo abbiamo un uomo senza più regole. Non ci sono indicazioni, non ci sono regole, non ci sono divieti. La seconda strada è quella del vangelo. Una strada non sempre facile, che richiede rinnegamento, ma è una strada con dei “segnali” d’amore che sono quelli dettati da Gesù. In questa strada si incontrerà il divieto di fare della vita ciò che si vuole, la precedenza del bene sul male, la direzione obbligatoria dell’amore, la corsia preferenziale per i fratelli più bisognosi. Percorrendo questa strada l’uomo di buona volontà saprà di certo la destinazione finale, sarà condotto davanti all’abitazione di Gesù. Noi cristiani abbiamo una grande responsabilità. Dobbiamo essere esempio e specchio per l’altro, dobbiamo essere santi nell’oggi della storia senza perderci nelle frivolezze del mondo e il nostro sguardo deve sempre essere sempre rivolto verso il volto del Signore e dobbiamo sempre pensare e agire in grande. Dobbiamo scegliere cosa vogliamo essere e cosa vogliamo fare e, soprattutto, con chi vogliamo stare. Se scegliamo il Cristo saremo sempre su quella buona strada. Abbiamo una potenza grandissima nelle nostre mani e forse ancora non ce ne siamo resi conto.
a cura di Don Francesco Cristofaro
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