Un appello al governo perché intervenga e soprattutto faccia sapere come intende porre fine alla “situazione di sofferenza e dolore” della popolazione rifugiata della Repubblica Centrafricana. A lanciarlo in una lettera alla Presidente di transizione della Repubblica Centrafricana, Catherine Samba-Panza, sono tutti i protagonisti della vita della Chiesa cattolica nel Paese che si sono riuniti il 3 novembre nella cattedrale di Notre Dame dell’Immaculée Conception di Bangui per fare il punto della situazione dopo le recenti violenze che sono scoppiate in città. All’incontro era presente anche l’arcivescovo di Bangui Dieudonné Nzapalainga.
Il racconto delle violenze contro chiese e parrocchie
Parroci e religiosi hanno preso la parola raccontando con voce spesso rotta dalla commozione le esperienze vissute. Il parroco della chiesa di Saint-Michel, Guy-Charly Mamoundayen, ha raccontato che il 26 settembre la chiesa è stata presa d’assalto da un gruppo armato (proveniente dal quartiere Km5) e che il personale ha trovato rifugio nei bagni. Gli assalitori hanno derubato il presbiterio ed hanno caricato il loro bottino in una macchina. Il giorno dopo sono rientrati nelle stanze dei preti, hanno incendiato la chiesa e le sale della parrocchia. Solo il tabernacolo si è salvato dalle fiamme e questo per i sacerdoti è il segno di un miracolo. Suor Inès Badela, della Congregazione delle Sorelle missionarie del Vangelo, ha raccontato l’avventura drammatica di un bambino di 5 anni che ha visto assassinare davanti ai suoi occhi il papà e i fratelli.
Gruppi armati continuano a terrorizzare la popolazione
Padre Giorgio Aldegheri, superiore provinciale dei Missionari comboniani nella Repubblica Centrafricana, ha ricordato il “primo” massacro che è avvenuto il 28 maggio 2014 nella parrocchia di Nostra Signora di Fatima nel quale un prete ha perso la vita con altre 11 persone che avevano trovato rifugio lì. Da allora la situazione non si è calmata e i gruppi armati provenienti dal quartiere Km5 continuano a terrorizzare la popolazione, che trova nella parrocchia l’unico rifugio. Dalla fine di settembre è molto difficile raggiunge la zona in cui si trova la parrocchia Saint Joseph Mukassa. Il mese di ottobre è stato all’insegna della provocazione e della violenza. Venerdì 30 ottobre, sono stati sentiti dei colpi di arma da fuoco che hanno spinto molte persone a dirigersi verso la parrocchia.
Chiesa chiede al governo di intervenire per far cessare le violenze
Al governo, i membri della Chiesa centrafricana pongono una serie di domande per sapere esattamente come le autorità del Paese intendono porre fine alla situazione dei rifugiati; se c’è l’intenzione di creare una forza armata nazionale; se dopo la “carneficina di Fatima” del 28 maggio 2014, il governo ha ancora intenzione di disarmare il quartiere del Km5; perché ci sono civili che detengono armi.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/R.P.)