Chiesa di Terra Santa sul Muro di Cremisan: un insulto alla pace

Il 17 agosto scorso nella Valle di Cremisan, vicino Betlemme, sono ripresi i lavori del Muro di separazione tra Israele e i Territori palestinesi. L’area accoglie la parrocchia di Beit Jala, i terreni di 58 famiglie cristiane e anche un monastero e un convento dei salesiani, con annessa scuola elementare. In una nota, il patriarcato latino di Gerusalemme ha definito il Muro nella Valle di Cremisanun insulto alla pace”. Marco Guerra ha raccolto la testimonianza di padre Mario Cornioli, sacerdote del patriarcato latino attivo presso la parrocchia di Beit Jala, che in questi giorni ha preso parte alle preghiere di protesta per la costruzione del Muro:

R. – Giorni fa sono ripresi i lavori, così all’improvviso dopo la sentenza che aveva ribaltato la precedente sentenza di aprile, quando la Corte aveva detto no al muro. Infatti, dopo gli accordi tra Santa Sede e Palestina la Corte ha ribaltato la sentenza e ha detto “sì” al muro. Quindi, di fronte a un nuovo appello della società Saint Yves e del Patriarcato latino che hanno chiesto spiegazioni, soprattutto su quale fosse il nuovo tracciato, sono partiti i lavori e quindi c’è stata una mobilitazione della comunità cristiana di Beit Jala. Siamo andati due giorni dove hanno già iniziato a sradicare gli ulivi secolari di Bir Onah all’inizio della valle del Cremisan per protestare in maniera pacifica. Ieri, abbiamo fatto la preghiera con dei preti ortodossi e stamattina era la volta dei latini e siamo andati a celebrare Messa. All’inizio, l’esercito ci ha impedito di celebrare, poi invece siamo riusciti a pregare lì, anche perché è una delle poche cose che puoi fare. Poi, ci sono stati anche momenti di tensione. Uno dei ragazzi, che voleva piantare un piccolo ulivo, è stato portato via con la forza, con molta violenza. Ci sono stati un paio di arresti in maniera veramente gratuita e violenta. Noi eravamo lì per pregare. Io ho parlato chiedendo spiegazioni ai soldati che hanno detto che avevano attaccato l’esercito quando non era assolutamente vero! Questo è un po’ il clima che c’è, totale ingiustizia e totale malafede.

D.  – Puoi ricordarci qual è la situazione, il monastero e il convento dei Salesiani rimarrebbero nella parte palestinese…

R.  – Non è un problema di convento di qua o convento di là… Il problema è che si stanno rubando un’intera valle e due montagne, questo non è accettabile. E’ inutile che il monastero rimanga di qua e tutti gli ulivi della gente rimangano di là, questo non è accettabile, è totalmente ingiusto… è inutile salvare un monastero se poi il muro porterà via un’intera valle e due montagne piene di ulivi e terra di 58 famiglie cristiane. Come Chiesa non possiamo accettare questo, non possiamo rimanere in silenzio. Questa è una vergogna, è una totale ingiustizia, non c’è nessun motivo di sicurezza, quindi è solo veramente una violenza gratuita. Questo è triste. E’ una giornata molto molto triste, abbiamo pregato con tanta tristezza nel cuore.

D. – L’Alta Corte israeliana prima aveva proibito, poi ha autorizzato la costruzione del muro: c’è ancora qualche speranza che si possa tornare indietro?

R.  – Il Patriarcato latino ha fatto un ulteriore appello alla Corte per capire anche come mai c’è stato questo ritorno indietro. Tra l’altro è successo subito dopo l’accordo tra Vaticano e Palestina. Prima ancora di avere una risposta dalla Corte sono iniziati i lavori. Quindi, la paura è proprio quella che intanto facciano i lavori, facciano quello che vogliono, e poi dopo la Corte dica: ormai i lavori ci sono e lasciamo stare. Questo è successo da tante altre parti e succederà anche qui. Però, non è questa la strada. Io lo dicevo anche oggi ai militari e alcuni non avevano il coraggio di guardarmi negli occhi, erano veramente anche loro in totale difficoltà.

D. – Il Muro va in questa valle dove ci sono le attività della Casa dei Salesiani che sono sempre state segno di pace e riconciliazione…

R. – Io non sono molto interessato a queste attività di pace, perché le vigne hanno significato perché appartengono alle famiglie cristiane. Io ripeto questo: non siamo qui per difendere l’attività e la cantina dei frati, siamo qui per dire che non è giusto rubare la terra a 58 famiglie cristiane quando non c’è nessun motivo di sicurezza. Il monastero tra l’altro sembra resterà dalla parte dove è sempre stato, la parte palestinese.

D. – Quindi, i cristiani di Terra Santa sono messi sempre più all’angolo ed è in pericolo anche la sopravvivenza stessa delle comunità cristiane di Terra Santa…

R. – Sì, questo è un modo per strangolare la comunità cristiana e poi il futuro non esisterà e se continuerà questa politica nello Stato di Israele sicuramente per i cristiani non sarà semplice restare. E purtroppo il mondo tace, tutti stanno silenzio e ci sentiamo veramente soli. Il clima è davvero pesante e questo non aiuterà certo a mantenere la presenza cristiana in questa terra. Se il mondo tace in questo modo – anche i cristiani di tutto il mondo – i cristiani non rimarranno in Terra Santa.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

Il Patriarcato latino condanna la ripresa dei lavori per la costruzione del muro di separazione

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COMUNICATO – Lunedì, 17 agosto, di mattina, bulldozer israeliani sono arrivati ​​senza preavviso in una proprietà privata di Beir Ona, vicino alla Valle di Cremisan, e hanno ripreso la costruzione del Muro di separazione. La gente della zona ha notato con sorpresa e dolore che una cinquantina dei loro secolari alberi di ulivo erano stati sradicati.

Il Patriarcato latino di Gerusalemme condanna fermamente questa operazione israeliana, effettuata in violazione dei diritti delle famiglie della Valle: diritti che quelle stesse famiglie hanno coraggiosamente cercato di difendere davanti alla legge negli ultimi dieci anni. Si unisce alla tristezza e alla frustrazione di quelle famiglie oppresse, e condanna fermamente l’ingiustizia commessa a loro danno.

La costruzione del Muro di separazione e la confisca delle terre che essa implica, sono un insulto alla pace. Esortiamo le autorità israeliane ad attendere la decisione di giustizia, richiesta pochi giorni fa alla Corte Suprema di Israele da parte delle famiglie della Valle, e a fermare il lavoro intrapreso.

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A cura di Redazione Papaboys fonte: Patriarcato Latino di Gerusalemme

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