R. – Bisogna sempre avere la speranza perché l’umanità, e non solo i cristiani, è nelle mani di Dio. Questo incontro dei nunzi è un momento di preghiera, perché nel programma c’è anche la preghiera; l’incontro sarà aperto dal Santo Padre domani mattina, e poi ci sarà la condivisione di questi problemi che per buona parte sono problemi comuni “transfrontalieri”, come si dice. Pensiamo ai problemi della Siria, dell’Iraq, del Libano, della Giordania: sono problemi comuni. In un momento in cui la comunità internazionale è chiamata ad agire per vincere questo flagello della violenza, del terrorismo, e per trovare una soluzione ai conflitti, la Chiesa è in prima linea con i propri mezzi. A questo proposito, vorrei precisare il piano della Chiesa, un piano complementare a quello della comunità internazionale dove ciascuno deve fare la propria parte. La Chiesa, che non ha armi belliche, ha un’arma spirituale che è molto, molto efficace; come Chiesa siamo chiamati ad utilizzare questi mezzi efficaci come la preghiera, cercare l’incontro con le persone, cercare di far riflettere. Direi che questo piano spirituale è molto efficace, ed è ciò di cui ha bisogno in questo momento soprattutto la regione del Medio Oriente.
D. – Accompagneranno i vostri lavori le comunità cristiane sofferenti di queste regioni …
R. – Credo che sapere che il Santo Padre, i prefetti dei vari dicasteri interessati romani, che i nunzi apostolici, suoi rappresentanti in questa zona così martoriata, si trovano insieme per pregare, per riflettere, per trovare – se possibile – qualche soluzione, credo sia un incoraggiamento alle nostre comunità cristiane, ma direi anche, se guardo alla Siria, ma credo dappertutto, sia un incoraggiamento anche per tutte le persone di quella regione che aspirano, anelano e attendono con impazienza la soluzione di questi sanguinosi conflitti.
D. – Quali sono le sue speranze per un ritorno alla convivenza pacifica tra le religioni in queste regioni così martoriate?
R. – Se guardo alla Siria e all’esperienza che ho in questo Paese da circa sei anni, direi che le premesse sono buone, innanzitutto a livello della gente: c’è una convivenza finora buona – speriamo che non sia rovinata dal conflitto – e talvolta esemplare tra le varie appartenenze religiose, in particolare tra cristiani e musulmani; c’è rispetto reciproco, stima reciproca, e altrettanta stima reciproca e rispetto tra i leader religiosi. Direi che questa è già una buona base sulla quale costruire, e quindi far leva su questi aspetti positivi, per dare un contributo vitale da parte delle religioni – specialmente le religioni monoteistiche che sono nate in quella regione – che hanno un ruolo fondamentale da svolgere in questo momento. Quindi, direi che anche da questo incontro si penserà probabilmente di potenziare questo dialogo soprattutto tra queste tre religioni monoteistiche presenti nella regione che devono giocare un ruolo fondamentale per risolvere questi conflitti.
D. – Quindi si può sconfiggere questa ideologia dello Stato islamico …
R. – Direi di sì, perché c’è una potenzialità di bene, e con l’aiuto di Dio – al quale credono quelle religioni presenti nella regione – si può fare molto.
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