Categorie: Ethica et Oeconomia

Ci aspetta un mondo di ‘super-ricchi’ e di ‘super-poveri’?

A quanto ammonterebbe la ricchezza finanziaria complessiva di una famiglia di 4 persone se l’insieme di tutte le ricchezze mondiali fosse equamente distribuito? La risposta è 21.714 dollari a persona, che moltiplicato per i 4 componenti della famiglia-tipo farebbe un patrimonio di 86.857 dollari per ciascuna famiglia, comprendente una casetta (50 mila dollari) e 36 mila dollari di risparmio. Il calcolo parte dalla ricchezza finanziaria mondiale stimata al 2013 (fonte Boston Consulting Group) che è di 152mila miliardi di dollari. Dividendo tale cifra per 7 miliardi di uomini ecco i 21.714 dollari pro-capite. Forse qualcuno scuote la testa di fronte a una “casetta” da 50 mila euro. Ma la cosa ha una sua plausibilità. Se non ci fossero degli Stati dove una abitazione costa anche 8-10 milioni di dollari (Usa, Regno Unito, Hong Kong, Montecarlo) e altri dove decine di milioni di persone vivono nelle baracche (Brasile, Africa, Filippine, India ecc.), una casa media da 50 mila dollari sarebbe più che ragionevole. Non stiamo facendo l’elogio del pauperismo comunista. Semplicemente ragioniamo sulla ipotesi che il mondo cammini verso una progressiva uguaglianza di fatto, verso un livello medio che pian piano include i poveri e taglia le punte di eccessiva ricchezza. E queste punte sono ancora, anzi sono sempre più rilevanti. I “super-ricchi” del pianeta sarebbero 16,3 milioni (pari all’1,1% della popolazione). Negli Usa sono 7,13 milioni, in Cina 2,4 milioni, Giappone 1,2 milioni, in Italia 281 mila famiglie (1,1 milioni di persone, cioè l’1,8% del totale).

Dal Qatar pieno di milionari alle bidonville. Se proprio vogliamo schiattare di invidia, dobbiamo guardare i Paesi dove c’è la più alta concentrazione di super-ricchi: al primo posto il Qatar (175 ogni mille abitanti, cioè 2 abitanti su 10 sono milionari!), seguito da Svizzera (127 su mille), Singapore (100 su mille) e Russia (dove 536 nababbi detengono ricchezze oltre i 100 milioni ciascuno). Dall’altra parte, coloro che, con la crisi della Lehman Brothers del 2008 e la recessione globale conseguente, hanno dovuto iniziare a confrontarsi con la scarsità o addirittura la povertà. Ecco che un po’ tutti ci siamo abituati a fare i conti al centesimo, a usare il low-cost, a scegliere la sobrietà come stile di vita, a rinunciare (quasi) ad ogni forma di lusso, ad accettare la precarietà, specie i giovani detti la “generazione 1000 euro”. In un mondo così variegato, dove c’è chi ha davvero “troppo”, e chi invece troppo poco o quasi niente (pensiamo alle bidonville nei paesi poveri del sud del mondo), ci chiediamo: ma quali armi abbiamo per rovesciare la tendenza all’impoverimento e costruire un futuro meno pessimistico?

L’esempio virtuoso di Banca Etica. Le risposte sono molte e diverse: una, ad esempio, viene da Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, l’originale istituto fondato 15 anni fa in Italia, con 36mila soci, una raccolta di circa 900 milioni di euro, prestiti per 770 milioni, sofferenze all’1,4% del totale. A fronte di un sistema bancario che, dopo la crisi globale, assomma crediti incagliati per quasi il 30% del totale (senza aiuti statali molte grandi banche nel mondo sarebbero “saltate” già da anni), Banca Etica in questi ultimi tempi ha visto prosperare il suo business. È sempre stata in utile, aumenta i dipendenti, le paghe sono moderate: i dirigenti non possono prendere oltre 6 volte più del livello più basso. È chiaro che soltanto da una realtà del genere poteva venire un libro come quello scritto da Biggeri: “Il valore dei soldi” (edito da San Paolo), dove riflette sulla “finanza etica” con l’assunto centrale che il denaro può e deve essere usato “a favore del bene comune”. Solo in questo caso – sostiene – produce ricchezza per tutti, altrimenti si trasforma in una sorgente di conflitti.

La “bomba” dei derivati e l’educazione finanziaria. E di esempi del potere distruttivo del denaro, se usato male, ne abbiamo parecchi. “Salvare le banche dalla crisi finanziaria è costato (nel 2009) oltre 13mila miliardi di dollari – scrive – oltre sei volte l’intero debito pubblico italiano”. E che dire dei “derivati”, forme di assicurazione finanziaria adottate per coprirsi dai rischi inerenti valute, borse, petrolio, grano, oro ecc.? Anche loro sono una bomba a orologeria con cifre da fare accapponare la pelle: nel 1992 erano 20mila miliardi di dollari l’anno e nel 2010 hanno raggiunto la cifra di 670mila (quattro volte la ricchezza mondiale). Queste cifre parossistiche ricordano a tutti che è irresponsabile “giocare col fuoco”. Purtroppo molti apprendisti stregoni della finanza continuano a farlo. Urgono regole per controllarli ma – sostiene Biggeri – urge soprattutto educare al valore della “finanza etica”, la sola che può trattare il denaro in forma rigorosa e responsabile, per sostenere progetti a sfondo produttivo e solidale, imprese “pulite”, cooperative, piccole aziende familiari. Lì si genera ricchezza vera e solidarietà inclusiva. A cura di Redazione Papaboys*

* Fonte: Agensir

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