Categorie: Familia et Mens

Ciao a tutti, mi chiamo Paolino!

Bambino nel grembo materno.

Questo è Paolino, lui ancora non lo sa ma nascerà orfano di mamma (anzi, paradossalmente già lo è), nonostante il fatto che la sua mamma goda di ottima salute e che non sia una condannata a morte, in qualche carcere nel mondo. Né è la storia di un ennesimo abbandono di un neonato da parte della mamma. Lui è stato concepito, su commissione, per essere cresciuto e allevato dal suo padre biologico e dal suo compagno.  All’anagrafe, Paolino verrà registrato come figlio di due uomini. La mamma per lui non esisterà, è come se non ci fosse mai stata, tranne per il concepimento e per i nove mesi di gestazione. Qualcuno ha deciso per lui che la mamma può essere considerata solo un entità meccanica: praticamente un’incubatrice, seppur umana. Come per un forno: ci si infila dentro il lievito, si aziona il timer e alla fine della cottura si tira fuori la pizza. Mica il forno potrà rivendicare come sua la pizza? Certo che no.

Per Paolino, quel rumore del battito del cuore della mamma e della sua voce, rimarranno soltanto agli albori della sua vita, così come, il suo viso che vedrà alla nascita. Il suo rapporto con la madre cesserà al taglio del cordone ombelicale. E chissà se un giorno, la scienza, sempre più autoreferenziale a sé stessa, si adopererà perfino ad eliminare la cicatrice stessa dell’ombelico, per cancellare ogni traccia della mamma. Eh sì, nel XXI secolo, in nome di un progressismo schizofrenico, l’uomo è riuscito a mettere in dubbio persino la figura del Padre e della Madre, riscrivendone le loro funzioni. L’uomo, nella sua presunzione, può persino credere che ci si possa dissetare con il fuoco e che si possa incendiare qualcosa con l’acqua, l’importante è solo convincersi che sia possibile. E quando un fatto appare sgradevole, l’uomo si illude che basti sostituire qualche parola per farlo sembrare più accettabile o che basti plasmare la realtà alle proprie convinzioni.

A Paolino, infatti, diranno non che lui è stato ospite di un “utero in affitto”, né che la sua mamma sia stata un genitore surrogato (in realtà il vero genitore “surrogato” è il convivente del suo papà biologico), né che è stato ceduto (per soldi o gratuitamente, non conta), gli diranno che la sua mamma ha compiuto “una gestazione per altri”, un atto apparentemente generoso verso una coppia di uomini, finalmente liberati da una cultura discriminatoria, oscurantista e arretrata. Potere delle parole, far sembrare verità una menzogna e viceversa. Potere delle parole, far apparire come una estensione di diritti civili, la contemporanea perdita del diritto di avere una mamma (o di un papà). Se Paolino fosse rapito alla nascita, i suoi sequestratori sarebbero incriminati ma trattandosi di una cessione “volontaria” ci si illude che tutto ciò sia lecito, che sia solo l’attuazione di un diritto ad avere un figlio, a tutti i costi.

E se a tutti va riconosciuto il diritto alla filiazione, va da sé che dovrà essere garantito universalmente l’accesso agli uteri in affitto. Qualora non si conoscano di persona delle “gestanti per altri”, dovranno sorgere agenzie e compagnie (come già succede nel Mondo) che possano offrire tale servizio, con promozioni commerciali, con tariffe chiare, ecc. ecc. Pertanto, persino la nascita di bambini verrà sottoposta alla legge economica della domanda e offerta, del mercato. Tutto può e deve essere oggetto di contrattazione, purché ci sia un accordo, ovvio… il contratto dovrà essere fatto a norma di legge. Ma un accordo per essere ritenuto legittimo, soprattutto quando riguardano la vita delle persone, occorrerebbe che venisse valutato secondo tutti i punti di vista, allo scopo di poter tutelare gli interessi e i diritti di tutte le parti in causa. Certo, questo accordo fa felice la mamma di Paolino, che avrà una ricompensa materiale o morale, e la coppia che avrà finalmente un bambino da crescere e da allevare. E Paolino? Per lui hanno deciso gli altri, loro hanno stabilito che non ha bisogno della mamma, ha solo bisogno di amore e null’altro (secondo questa logica magari un giorno si autorizzeranno pure gli scimpanzé ad adottare un essere umano, purché dimostrino di poter dargli sufficiente amore e che siano in grado di firmare un contratto).

Come si diceva, tanto Paolino non ricorderà nulla della mamma, all’inizio gli sembrerà normale crescere con due uomini (a proposito li chiamerà “papà 1” e “papà 2”, o “mammo” e “papà”?), poi però si confronterà con i suoi coetanei. Vedrà che loro hanno anche una strana creatura che li viene a prendere all’asilo, una persona con la gonna e con i capelli lunghi e a quel punto inizierà a farsi delle domande: “ma che strane famiglie ci sono in giro?”. Se lo prenderanno in giro per il suo contesto familiare, i suoi due papà lo difenderanno, gli diranno che le persone, e soprattutto i credenti, hanno ancora una mentalità retrograda per poter accettare come normale una famiglia come la loro, gli diranno che la sua è una famiglia speciale, “arcobaleno” (a proposito ma se dovessimo assegnare un colore ad un sesso, le coppie omosessuali non dovrebbero definirsi monocromatiche?). Tenteranno insomma di riversare sul mondo brutto e crudele le proprie responsabilità, per aver messo il “proprio” figlio in una situazione discriminatoria.
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Poi, Paolino comincerà a chiedere della sua mamma ai suoi due papà, che nome e che viso avesse, di che colore avesse i capelli, gli occhi, se era gentile, bella e di come avesse conosciuto il papà biologico. Chissà che risposte avrà e se soddisferanno in pieno la sua curiosità. Forse comincerà pure ad osservare il suo ombelico, interrogandosi su quel rapporto carnale interrotto con una paio di forbici. Chissà come immaginerà sua mamma e chissà se avrà dei rimpianti provando ad immaginare come sarebbe stata la sua vita avendola vicino a sé. Povero Paolino, come si fa a credere di poter dare amore ad un bambino, se, come primo atto, gli si toglie la mamma? Emanuela Felici

(Questa lettera è stata scritta da Gianluca Russo. Descrive i dramma di tanti bambini i quali attendono di essere amati ed accettati come dono e non usati come merce di scambio secondo i capricci dei grandi).

Donna incinta.

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