Nicholas Carloni di soli 20 anni è morto sulla via di casa, tra Santa Veneranda e il Trebbio della Sconfitta, schiantandosi con la sua Mini Cooper contro un albero su strada Valgelata – così chiamata perchè non batte mai il sole – dopo aver scarrocciato per più di 60 metri. Mamma Michela non sa come farà, ma lo dovrà fare per le altre quattro figlie, le sorelle di Nikky, di cui una appena di tre anni e che fin dalla nascita soffre di una grave patologia.
«Nessuna mamma. Nessun genitore dovrebbe vedere il figlio sotto un lenzuolo d’obitorio». A lei è toccato mercoledì sera quando è accorsa da Borgo Santa Lucia, a Candelara, sulla scena dell’incidente. E prima ancora è toccato al marito. Papà Luca era uscito e si è imbattuto nel caos dei soccorsi: 118, vigili del fuoco, polizia municipale, tutti attorno alla Mini del figlio accartocciata.
«Mio marito ha cominciato a cercarlo dappertutto – racconta mamma Michela – e quando ha capito che sull’ambulanza non c’era… ». Niente da aggiungere allo strazio che ne è seguito. Solo il dolore: un dolore raddoppiato. Per chi non c’è più e per chi resta. «Vorrei vederlo ancora una volta il mio splendido, meraviglioso bambino – prosegue – sto aspettando solo questo». E’ stato un impatto violento: sbattendo contro una pianta che delimita la carreggiata la Mini ha avuta la fiancata del passeggero distrutta: gli airbag sono esplosi e il ragazzo indossava la cintura regolare, ma ciò non è bastato a salvarlo.
Sarà l’autopsia a chiarire le cause della morte: probabilmente un colpo secco e violento al collo. «Era intatto Nicholas – continua Michela Massarini – aveva quasi un sorriso sul volto, quel sorriso che lo accompagnava sempre. Allora l’ho accarezzato e gli ho preso le mani: era il mio piccolo Re Leone. Gli piaceva tanto, se l’era persino tatuato. Nicholas e il papà ci giocavano sempre, era un giocherellone il mio Nikky».
Negli anni la famiglia Carloni ha superato continue prove e traversie, compresa la malattia dell’ultimogenita con lunghe ed estenuanti cure che qualche tempo fa hanno anche innescato una gara di solidarietà dopo che la stessa madre aveva segnalato le difficoltà.
La bimba in questi giorni era stata ricoverata per un intervento complesso ed era tornata a casa da poco. «Lei e Nicholas – ricorda la madre – erano legatissimi. E la piccola sentiva il rapporto speciale che l’univa al fratello. Quante volte la notte si è offerto lui di calmarla per lasciarmi riposare. Insieme erano speciali».
L’ultima volta che la madre ha visto il figlio, che lavorava con lo zio che gli era affezionatissimo, è stato mercoledì pomeriggio a fine pranzo, poche ore prima dell’incidente: «Andava di fretta e ha salutato tutti come al solito con quel sorriso che lo rendeva unico. Come può essere imperscrutabile la vita: in tutto questo tempo ho sempre temuto che potesse succedere qualcosa a Daphne, alla piccolina e invece… ».
E invece è arrivata quella telefonata. «Avevo preparato la cena e apparecchiato quando la bimba ha cominciato ad agitarsi, a piangere e a gridare. Non capivo perchè. E mi è presa anche a me l’agitazione. Istintivamente ho cercato il cellulare e ho guardato i messaggi whatsapp. Ho visto che l’ultimo accesso di Nicholas era delle 19.47».
Nella notte, dopo che tutto si era compiuto, dopo che familiari, amici e sacerdoti (sul posto anche tre parroci don Giampiero Cernuschi, don Michele Rossini e don Alberto Levrini) avevano cercato di infondere il conforto della presenza, la mamma ha postato sul profilo social del figlio parole dense di amore e dolore: «Ti amo più della vita. Ti aspetto ma tu non tornerai. Mi hai chiesto tante volte di essere forte. Cercherò di esserlo. Voglio pensare che tu ora stia correndo più forte del vento. Hai sfidato il tuo angelo stasera per tornare a cenare con noi. C’è ancora la tavola apparecchiata».
Non si sa ancora quando si terranno i funerali, sicuramente non prima di lunedì. Oggi il pm Silvia Cecchi affiderà al medico legale di Ancona Papi l’incarico per l’autopsia mentre l’ingegner Papa avrà il compito di verificare la dinamica dell’incidente. Nicholas Carloni ha fatto tutto da solo uscendo di strada in un tratto rettilineo di un tragitto che pur buio e infido per i tornanti, conosceva bene. Forse la velocità, forse un ostacolo o un altro imprevisto. «Gli dicevo sempre – continua la mamma – “Nicholas mi raccomando stai attento, se ti succede qualcosa non ce la posso fare”. Ma lui mi guardava e mi rispondeva “mamma, qualsiasi cosa accada pensami felice”. Mio figlio aveva dentro le bollicine della vita».
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