Intervista a Martin Valverde e Alex Campos, i due artisti, uno di fede cattolica, l’altro evangelica, che si sono esibiti ieri davanti a Papa Francesco “uniti in Cristo”
È uno spirito di fraternità a far vibrare la voce e le corde della chitarra di Martin Valverde, cattolico, e di Alex Campos, evangelico. I due musicisti – costaricano il primo, colombiano il secondo – si sono esibiti ieri pomeriggio in Aula Paolo VI, in Vaticano, in occasione del IV Congresso Internazionale di Scholas Occurrentes. E lo hanno fatto “siendo uno en Jesus”, uniti in Gesù Cristo, in risposta ad una medesima chiamata “a qualcosa che lo Spirito Santo sta suscitando”, come raccontano a ZENIT con cui hanno dialogato durante le prove prima del concerto.
Martin e Alex si conoscono già da tempo e stavano cercando la possibilità di condividere il palco. Cercavano “il tempo di Dio per farlo”: “Per quello che è il temperamento mio e di Martin, desideravamo realizzare qualcosa in fretta – spiega Alex – poi abbiamo capito che doveva avvenire nel tempo che Dio voleva; quindi, quando è arrivato questo invito, ho capito che era giunto ‘il momento di Dio’, per unire le nostre voci per esaltare uno solo nome, quello di Gesù”.
E così è stato, nel tempo di Dio e in un posto speciale: il Vaticano. I due musicisti hanno avuto infatti l’onore di accogliere l’ingresso del Papa all’Udienza generale di ieri – alla quale partecipava un folto gruppo di artisti – cantando “Solo chiedo a Dio”. Martin cita un salmo, dicendo che quando i fratelli si incontrano, Dio riversa la sua benedizione e “questo è quello che chiediamo”.
A proposito dell’unità fra i cristiani, i cantanti plaudono anche al lavoro svolto in tal senso da papa Francesco. E ricordano che “il fanatismo sta uccidendo la gente e qualcuno deve porre un rimedio che, in primo luogo, spetta a noi”.
Entrambi, infatti, si sentono accomunati da una chiamata molto concreta nella loro vita: evangelizzare per mezzo della musica. “Avere questa vocazione è un privilegio”, spiega Alex, ricordando la sua infanzia: “Vengo da una famiglia molto umile e povera. Quando si arrivava Natale, i miei vicini si scambiavano i regali a mezzanotte. Noi non ricevevamo nulla come regalo. E quando i nostri vicini uscivano e ci mostravano le loro biciclette e camice, mi veniva rabbia e pensavo: io non ho nulla”. “Ora però – prosegue il cantante – che ho un dono così grande come Gesù nel mio cuore, come la salvezza, capisco cosa vuol dire vantarsi di un regalo. Come non vantarsi infatti del regalo più grande che è la salvezza di Dio?”.
Da parte sua Martin Valverde scherza: “Questa non é ‘Operazione Trionfo’, né ‘American Idol’ (due talent show ndr)”, bensì “una chiamata che Dio ci ha fatto. Lui ci ha scelto, prima che nascessimo ci ha voluto per questo”, e, “come musicisti, ci piace sapere per chi lo facciamo e vedere i frutti che produce”.
Rivolgendosi poi “a tutti quelli che ora ci staranno leggendo”, Martin invita a “non avere paura, perché le paure portano all’ignoranza”, e ricorda “che Gesù è un fiume che scorre non uno stagno”.
Parlando poi di questa straordinaria esperienza a Roma, auspica che “si possa trasmettere in eredità alle prossime generazioni di musicisti, l’idea che non vi sia più alcuna divisione, quando si parla di Gesù”.
E’ questo uno dei frutti che i due musicisti attendono con maggiore speranza. A tal proposito, Martin ricorda che comunque “c’è sempre lo Spirito Santo”, che è “imprevedibile” e così “sarà anche per i suoi frutti”.
“Vi è anche tantissima gente alla quale bisogna portare il Vangelo”, affermano infine gli artisti. Sappiamo – conclude Valverde – “che quando giungeremo nell’aldilà, Dio non ci chiederà quanti dischi abbiamo venduto, ma come abbiamo svolto il nostro lavoro con le anime. E speriamo di poter dire: eccole qui, Signore, non siamo molto in sintonia ma ci vengono tutte dietro”.
Intervista realizzata da Rocío Lancho García per l’Agenzia Zenit