Dal Medio Oriente all’Africa, dal cuore dell’Europa (Ucraina) all’Asia: soffiano senza sosta i venti di guerra alimentati da conflitti più o meno vasti e, almeno in apparenza, da una corsa al riarmo che non conosce sosta. Salvo poi non essere sconfessati dai numeri che descrivono una realtà globale diversa anche se non meno grave. A confermarlo sono le parole del presidente statunitense Barack Obama che recentemente, e in più di un’occasione, ha chiesto all’Europa di riarmarsi investendo almeno il 2% del Pil in armamenti. Per affrontare le minacce alla pace e alla stabilità negli angoli più caldi della terra, quindi, servono armi più che la politica e la diplomazia. Una richiesta, quella di Obama, che non trova conforto nei numeri del rapporto annuale sull’evoluzione della spesa militare su scala mondiale redatto dall’istituto di ricerca svedese Sipri (Stockholm International Peace Research Institute). Sembrerà strano, ma tra i primi Paesi a tagliare le spese militari sono proprio gli Usa.
Cala la spesa mondiale. Il primo dato di rilievo che emerge dall’ultima edizione dell’“Yearbook 2013” è che la spesa militare mondiale con i suoi 1.747 miliardi di dollari è calata (in termini reali) dell’1,9% tra il 2012 e il 2013. Si tratta del secondo calo consecutivo. La spesa militare – pur tenendo conto del fatto che in questo settore, tutt’altro che “trasparente”, i dati ufficiali scarseggiano e non mancano veri e propri vuoti informativi, ad esempio sulle direttrici import/export degli armamenti – è scesa in modo particolare in America del Nord, nei Paesi dell’Europa centrale e Occidentale e in Oceania, mentre è salita in altre Regioni del mondo. Le prime cinque nazioni in ordine agli investimenti militari, nel 2013, sono state Usa, Cina, Russia, Arabia Saudita e Francia. Solo negli Usa la spesa è calata del 7,8%, attestandosi sui 640 miliardi. Una delle principali cause della contrazione è da ricercare nella riduzione delle spese per le operazioni militari all’estero. Se gli Usa calano, a salire è la Cina con un +7,4%, a confermare una politica di lungo termine della crescita della spesa militare in linea con la crescita economica. Cresce del 4,8% anche la spesa militare della Russia, che per la prima volta dal 2003 investe una quota (4,1%) del suo Pil superiore a quella degli Usa (3,8%). Nel piano degli armamenti 2011-2020 la Russia prevede di investire 705 miliardi di dollari. In questa particolare classifica delle spese militari figura un grosso balzo in avanti dell’Arabia Saudita che dal settimo posto del 2012 si piazza al quarto con 67 miliardi di dollari, pari al 9,3% del Pil nazionale (nel 2012 era stato dell’8,1%). Cala nel complesso anche la spesa militare di Francia (61,2 miliardi di dollari), Regno Unito (57,9 miliardi), Italia (32,7), Brasile, Australia e Canada. Pressoché invariata la spesa militare per Germania, Giappone e India.
C’è anche chi sale. Dal Rapporto emerge inoltre come 23 Paesi abbiano raddoppiato la loro spesa militare in termini reali tra il 2004 e il 2013, e che nessuno di questi appartiene a regioni del mondo come America del Nord, Europa centrale e occidentale e Oceania. In Europa centrale e occidentale continuano i tagli alle spese di armi. Dal 2008 al 2013 il calo è stato anche del 10% in termini reali in Austria, Belgio, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Spagna e Regno Unito, e lo stesso nell’Europa centrale, ad esclusione della Polonia. Di contro in America Latina le spese militari sono cresciute nel 2013 del 2,2% in termini reali e del 61% tra il 2004 e il 2013. Il maggior tasso di crescita del 2013 si è avuto in Africa, intorno al +8,3%. Il Ghana, per esempio, ha più che raddoppiato la spesa, dai 109 milioni dollari del 2012 ai 306 del 2013. Cresce la spesa militare anche in Algeria (+8,8) che raggiunge i 10,4 miliardi di dollari. Secondo Paese africano per spese in armamenti è l’Angola che fa segnare un +36% nel 2013 e raggiunge quota 6,1 miliardi di dollari. In Asia e Oceania le spese per armamenti sono cresciute nel 2013 del 3,6% e hanno raggiunto i 407 miliardi di dollari. A fare da traino la Cina, seguita dai Paesi del Sud est asiatico che fanno segnare un +5%, come Indonesia, Filippine e Viet Nam.
Medio Oriente. Tradizionalmente “calda”, l’area mediorientale ha fatto registrare nel 2013 un aumento del 4% in termini reali delle spese militari che diventa un +56% nel periodo compreso tra il 2004 e il 2013. Non ci sono dati relativi al 2013 per Iran, Qatar, Siria, Yemen ed Emirati arabi uniti. A registrare la crescita maggiore sono Iraq (+27%) e Bahrein (+26%). Tuttavia il maggiore investitore in spese militari dell’area, che per Sipri comprende anche i paesi del Golfo, resta l’Arabia Saudita con un +14%.
Di Daniele Rocchi per Agensir
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