«Pronti a tutto, anche alla morte, per fare ciò che è giusto», perché dove viene demolita una croce «là ne sorgeranno a milioni». Sono le parole di una missiva firmata da tutti i sacerdoti cattolici della diocesi cinese di Wenzhou, che a fine maggio avevano dato inizio alla protesta pacifica per fermare la campagna di demolizione delle croci, condotta dai funzionari comunisti della provincia di Zhejiang. La protesta, proseguita fino ad oggi nonostante il crescente inasprirsi delle persecuzioni, ha unito cattolici e protestanti che giovedì hanno manifestato insieme di fronte al Liaison Office (l’ufficio della Cina ad Hong Kong) raccogliendo 1740 firme contro la distruzione delle croci. Mentre ieri, in preparazione alla festa dell’Assunzione di Maria, i fedeli cinesi hanno digiunato e quelli di Hong Kong hanno celebrato la Messa vigilare presieduta dal cardinale Joseph Zen, che ha predicato sull’importanza della difesa della Croce.
«QUALSIASI SACRIFICIO». Di fronte alla protesta e alla determinazione dei cristiani, il governo della provincia locale aveva reagito permettendo l’escalation dell’abbattimento di un numero sempre crescente di croci, motivo per cui a fine luglio il clero cattolico aveva scritto la lettera indirizzandola al governo e a tutti i cristiani e cittadini cinesi. Il testo denunciava l’aggressività di chi percepisce come «un nemico mortale» quello che è «un simbolo dell’amore universale», spiegando che «se continuano a colpire la croce come se fosse una malattia grave, allora la Cina (…) verrà gettata in una nuova calamità», perché «i cristiani della Cina portano dentro un senso di missione, onorando il Signore e facendo il bene nei confronti del prossimo».
Per lo stesso motivo, nonostante gli esisti negativi della battaglia, il clero cinese aveva deciso di proseguire, spiegando che «prenderemo ancora di più su di noi la grande responsabilità di ringiovanire il popolo cinese e crederemo con sempre più fermezza che anche noi siamo la spina dorsale e la benedizione della nazione cinese. (…) Useremo con saggezza e con attenzione ogni metodo disponibile per erigere di nuovo le croci». Perché «quando una croce viene rimossa, verranno costruite un milione di croci: nel cuore di ogni uomo, lungo i viali e nei vicoli e nella casa di ogni famiglia». Perciò i pastori avevano supplicato «ardentemente la misericordia del Signore, che ci conceda il coraggio di morire per ciò che è giusto, per la pace della nazione, per la vera crescita della nazione cinese, pronti a fare qualsiasi sacrificio venga richiesto».
LE OFFERTE PER I FRATELLI. Alla missiva avevano risposto i fedeli protestanti e cattolici unendosi nelle proteste e nella raccolta firme contro la demolizione delle croci. Giovedì scorso, poi, il cardinal Tong ha diffuso un altro «appello urgente» dal titolo “Le sofferenze della Croce”, chiedendo al governo centrale cinese e alle autorità di investigare e bloccare tutti i gesti illegali di distruzione delle croci, obbedendo al principio della «supremazia della costituzione e dello Stato di diritto». Tong si è quindi rivolto ai fedeli di tutto il paese chiedendo loro «una forma di penitenza, come il digiuno o l’astinenza», pregando «in modo speciale per la libertà religiosa, la dignità della fede e condividano le sofferenze dei loro fratelli e sorelle del Zhejiang». Infatti, se «la croce è il segno più rappresentativo della fede cristiana. Come cristiani, dobbiamo seguire il Cristo» e «ciò richiede di portare la croce insieme con Gesù Cristo».
Anche la Messa celebrata ieri sera dal cardinal Zen per «salvaguardare la fede e salvaguardare la Croce» e la giornata di digiuno, organizzata dalla Commissione diocesana di giustizia e pace e dal Gruppo per gli affari sociali della parrocchia di sant’Andrea a Hong Kong, sono stati offerti per le sofferenze dei cattolici della provincia di Zhejiang.
Redazione Papaboys (Fonte www.tempi.it/Benedetta Frigerio)