Tre anni e mezzo. Questo è quanto è passato da quando uno dei miei più intimi amici d’infanzia è scomparso nel Mar Rosso, vittima di un incidente con un elicottero militare che non sarebbe mai dovuto accadere. Ha lasciato sua moglie e i suoi due figli – uno dei quali è un neonato che non potrà mai incontrerlo qui sulla terra – da soli con il loro dolore e le loro memorie.
Certo, non erano affatto soli. Per niente. Non all’inizio. Nei giorni e nelle settimane successive alla scomparsa del mio amico ci sono state montagne di lettere di condoglianze, campagne di raccolta fondi su internet, centinaia di cerimonie di commemorazione in suo onore, cene, chiamate, offerte di ogni tipo e decine di post sui social. Nelle settimane seguenti alla morte di suo marito, la moglie del mio amico era circondata di persone – probabilmente ha avuto a che fare con piu’ persone di quanto ne abbia voluto in tutta la sua vita – mentre aveva perso l’unica persona che voleva con sé, per sempre.
Nella mia esperienza tutte le perdite, anche le meno “inattese”, sono state così. Nei giorni e nelle settimane successive a un lutto, i parenti erano letteralmente circondati da persone dai buoni propositi che volevano mostrare la propria empatia, spingendo i cari del defunto al limite della claustrofobia. Il frigorifero era pieno di cibo, molto più di quanto una famiglia possa consumare, e ogni centimetro della casa era coperta da ogni tipo possibile di fiori. Oltre agli stuzzichini, alle lasagne e alla quantità necessaria di liquori per attutire il dolore, le persone condividevano storie sul defunto. Storie divertenti, le migliori, quelle che davano un’immagine positiva di chi fosse in realtà la persona scomparsa. Ridevamo, piangevamo e ci promettevamo che non avremmo mai dimenticato.
Ma poi il tempo passa e la folla inizia a scomparire. La vita, così dicono, va avanti. Ci sono nuove vite da celebrare, morti più recenti da piangere. E poi un giorno – tre, cinque o dieci anni più tardi – ti senti inspiegabilmente giù, e guardando il calendario ti rendi conto che l’anniversario della morte del tuo amico era quasi tre settimane fa, e ti è completamente sfuggito. Avevi promesso che non avresti mai dimenticato.
Aleteia celebra il Giubileo della Misericordia con 54 modi per essere misericordiosi e siamo arrivati, questa settimana, al numero 14: “Invia un biglietto, fiori o un regalo a qualcuno nell’anniversario dei sei mesi della morte della sua persona cara”.
Penso che sei mesi siano perfetti per farlo, perché è vero, sono un momento in cui la maggior parte delle persone – all’infuori della cerchia più stretta – hanno superato la cosa. Non ci sono più sformati in frigo, i fiori ormai appassiti sono da tempo nel cestino e gli oggetti della persona cara potrebbero essere stati addirittura riposti in una scatola, donati in beneficienza o destinati ad altro utilizzo. Dall’esterno può sembrare che le cose siano quasi normali, come se il defunto non fosse stato mai là.
Ma dentro quelle mura – le quattro mura della casa e le mura del cuore pieno di dolore di chi è rimasto – rimane la tragedia. I bimbi continuano a svegliarsi nel cuore della notte piangendo, perché il padre non potrà più abbracciarli. Il marito continua a rigirarsi nell’immenso letto, un letto in cui prima si stava stretti perché le braccia amorevoli della moglie e i suoi piedi freddi prendevano tutto lo spazio, ma ora è vuoto tanto quanto lo spazio lasciato nel cuore del marito stesso.
Dall’esterno di queste mura, chi rimane sembra forte. Ma sembra così perché ciò che si vede dall’esterno sono soltanto le mura stesse.
Quindi, se conoscete qualcuno che ha recentemente persona una persona cara, annotatevi la data e mettete un reminder nel calendario. Sei mesi dopo quella data, mantenete il contatto. Mandate una lettera e dei fiori, se vi va. O ancora meglio, invitate la persona a cena o per pranzo e chiedetele, faccia a faccia, come sta. Fatele sapere che vi ricordate della sua perdita. Se si sente, chiacchierate dei bei ricordi. Garantisco che lo apprezzerà.
Comunque, sei mesi sono un buon inizio, ma la sfida che lancio è di non fermarsi lì. Con la tecnologia che abbiamo oggi, potete mettere dei reminder annuali o semestrali. Mantenete la promessa che avete fatto quando il dolore era fresco: non dimenticate la persona scomparsa.
Redazione Papaboys (Fonte it.aleteia.org)
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