Come cinquant’anni fa

Un viaggio impegnativo dove ci sarà molto da guardare e pensare: così ha presentato Francesco il suo pellegrinaggio in Terra Santa, salutando in aereo i giornalisti che lo accompagnano. Secondo itinerario internazionale del pontificato, è però il primo scelto dal Papa, perché quello a Rio de Janeiro per la giornata mondiale della gioventù era naturalmente fissato da tempo. E un altro primo viaggio, quello di Paolo VI nei luoghi di Cristo all’inizio del 1964, è il modello, semplice ed essenziale, a cui si è ispirato oggi il vescovo di Roma.

Mezzo secolo e contesti diversissimi separano i due avvenimenti

, ma un’unica intenzione sembra unirli e questa può essere riassunta dall’espressione usata da Montini nel suo testamento, scritto nel 1965: «uno speciale benedicente saluto» vi è riservato appunto «alla Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace». Viaggio di fede e di pace è dunque questo di Papa Francesco, voluto innanzitutto per ricordare lo storico incontro tra il suo predecessore e il patriarca Atenagora.

Come cinquant’anni fa, il Papa è arrivato ad Amman, ricevuto con rispetto e cordialità da re Abdullah II, figlio di Hussein, il sovrano che aveva riservato a Paolo VI un’accoglienza davvero all’altezza di un avvenimento senza precedenti, in una gelida giornata d’inverno raccontata in tutto il mondo da centinaia di inviati speciali. Un’accoglienza con ragione entrata nella storia e subito ricordata nel caloroso discorso di benvenuto dal re hascemita, che ha sottolineato come la visita di Paolo VI sia stata la prima di un Papa in un paese musulmano.

Proprio la dimensione dell’accoglienza è stata subito evocata da Francesco per salutare la Giordania, oasi di pace che ospita numerosissimi rifugiati: palestinesi e iracheni, ora soprattutto siriani, in fuga da una guerra orrenda che ha già causato centocinquantamila morti e milioni di profughi. Per la tragedia della Siria il vescovo di Roma — anima dell’iniziativa di preghiera che nello scorso settembre ha impressionato tutto il mondo — ha di nuovo invocato una soluzione pacifica, «necessaria e urgente». Non vi è infatti altra via per il superamento dei conflitti e delle tensioni perduranti in tutta la regione.

Per questo Abdullah II ha lodato apertamente la leadership di Papa Francesco, che a sua volta ha definito il sovrano «uomo di pace», ringraziandolo per lo sforzo nel «promuovere una più adeguata comprensione delle virtù proclamate dall’islam» e la convivenza pacifica tra i fedeli delle diverse religioni. Fra loro i cristiani, presenti fin da tempi antichissimi, «si sentono e sono cittadini a pieno titolo» ha detto il vescovo di Roma, che ha ricordato le parole di Benedetto XVI, il quale nel 2009 ha visitato la Terra santa. E qui infatti si tocca con mano la profonda verità delle affermazioni del Vaticano II sul dialogo tra le religioni e sulla libertà religiosa. Riassunte queste ultime da Paolo VI con un’espressione straordinariamente efficace: nessuno sia costretto a credere, nessuno sia impedito di credere. A cura di Redazione Papaboys fonte: Osservatore Romano

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