Gesù è Sposo della Chiesa e pertanto ciascun fedele, in quanto appartenente alla Chiesa, è “sposa di Cristo”. Ciascuno, uomo o donna che sia, celibe o sposato che sia. Chi si consacra a Dio nella vita religiosa sceglie di rappresentare pubblicamente l’essere “sposa di Cristo”, mentre invece chi riceve l’ordine sacro impersona Gesù Cristo “Sposo”. In questo quadro, che senso ha il celibato dei laici? cioè di quei cristiani normali che decidono di vivere celibi per amore di Gesù ma senza esprimere questa loro decisione attraverso voti? Ecco, il libro Come Gesù – ora anche “Como Jesús” – prova a rispondere a questa domanda e per farlo, a partire dall’esperienza dell’Opus Dei, esplora il senso dell’amicizia.
Gesù per indicare il tipo di relazione che ha con i suoi discepoli usa tutte le parole dell’amore umano: sposo, fratello, sorella, madre, figlioli (Lc 5,34; Mc 3,35; Gv 13,33 e paralleli). Ma quando si trova al culmine dell’intimità chiama chi era con Lui nell’Ultima Cena, amici: “Vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15). Il Verbo, per indicare le parole ascoltate dal Padre e fatte conoscere ai discepoli usa la parola amicizia. È come se dicesse che, nel fondo, chi fa così è “amico”. Ancora, il Verbo generato verginalmente dal Padre e che verginalmente genera i suoi discepoli, designa questa dinamica come “amicizia”. Siamo qui alla massima possibilità di senso della parola amicizia. Non certo al ritrito “stavamo assieme, e ora siamo rimasti amici”, “eravamo amici, ma poi ho capito che tra noi c’era qualcosa di più”. Il “di più” è proprio l’amicizia. Amicizia che, per definizione, esclude la componente sessuale dal rapporto, e che per questo motiva il celibato del laico e apre meravigliose prospettive di senso a chi non può sposarsi. Non solo per scelta, ma anche per gli infiniti motivi della vita. La decisione del Signore di rimanere celibe è la quintessenza della sua libertà di essere Sé stesso. Tutte le spiegazioni di questa scelta illuminano solo parzialmente la sua decisione. In Come Gesù (soprattutto alle pp. 206-208) cerco di motivare perchè a me convince molto la spiegazione che Gregorio di Nissa dà della scelta di tale condizione da parte di Cristo (cfr De Virginitate 2, 1-11: SC 119, pp. 262-264): quella per cui il Figlio rimane vergine nel tempo, perché Lo è nell’eternità avendo ricevuto la medesima vita del Padre, che è “Colui che genera verginalmente”. Questa spiegazione, illumina in qualche modo anche un altro mistero, quello della verginità di Maria: e cioè, era conveniente che il Figlio generato verginalmente dal Padre nell’Eternità, venisse ugualmente dato alla luce verginalmente dalla Madre nel tempo.
Di Don Mauro Leonardi
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