Forse si recherebbe a Greccio per rivivere nella fede, il grande mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Oppure, chissà, resterebbe ad Assisi, in convento, a celebrare la messa della notte con i suoi fraticelli, restando fedele alla fraternità. Chissà.
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Potrebbe anche essere che, rapito in una profonda estasi, lo troveremmo rannicchiato nella sua cameretta per ore e ore a contemplare l’Invisibile reso accessibile nella carne del Verbo. O, ancora più semplicemente, lo vedremmo “fuori di sé ”, “rivolto verso il mondo”, ad annunciare la bellezza di un Dio bambino, dell’Emmanuele, che resta per sempre un Dio dalla nostra parte!
È pure probabile, invece, che sarebbe tutto dedito a curare le ferite dei barboni, a preparare la tavola in qualche casa famiglia nei dintorni di Perugia, o ad assistere i poveri di via della Conciliazione a Roma.
Ma poiché amava cantare e giocare, sarebbe verosimile ritrovarlo rintanato in qualche radio locale ad annunciare a tutti la buona novella di Gesù, la luce del mondo, la Parola che scende dal Silenzio – il seno del Padre – per farsi uomo. Sensibile ai pellegrini, ai migranti, e vicino a chi non ha dimora, sicuramente san Francesco farebbe un salto a Lampedusa per donare tutti i suoi beni – anche i calici più preziosi del convento – a quei derelitti umani che tentano, molte volte invano e non senza tragedia, i viaggi della speranza.
Potrebbe anche essere che il Poverello si lascerebbe prendere completamente agli ammalati abbandonati negli ospizi, nei dormitori e negli ospedali delle nostre periferie urbane… Poi farebbe un salto nei centri della Caritas nazionale e quasi certamente visiterebbe gli straccioni che trovano riparo ai margini delle stazioni ferroviarie.
Con il disastro accaduto in Indonesia e l’emergenza umanitaria in Siria per i troppi morti e profughi, sarebbe possibile trovarlo all’aeroporto di Fiumicino per il checkin con destinazione Manila, Damasco.
Non c’è da meravigliarsi se lo troveremmo a Montecitorio o in altre pubbliche piazze a manifestare pacificamente con quanti, ormai senza lavoro e casa, non hanno di che mangiare e non sanno come portare avanti la propria famiglia…
Il Natale con Francesco ha mille volti e lo si può celebrare in svariatissimi modi! Tuttavia, porta sempre il segno di quella concretezza che Dio ha rivelato al mondo nel momento in cui il Verbo si è fatto carne. Il Poverello amava la povertà di Dio, gioiva per la sublime umiltà dell’Onnipotente, di colui che ha creato i cieli e la terra e fa nuove tutte le cose.
Francesco sapeva bene, infatti, che solo chi è Onnipotente e Forte, può farsi debole e abbassarsi, fino alla morte di Croce. Chi è povero non può privarsi di niente e né può diventare ricco. Chi è povero non può rinunciare a niente, perché ha perso finanche la sua stessa dignità e libertà! Francesco era affascinato, incantato, sedotto, da quella strada dell’incarnazione che il Padre aveva pensato dall’eternità affinché il mondo accogliesse l’Amore come dono: Gesù Cristo.
Celebrare il Santo Natale con Francesco d’Assisi vuol dire, per noi oggi, prendere a cuore la fragilità di Dio e non scandalizzarsi davanti alla proposta di salvezza che passa per il grembo di Maria e il silenzio del giusto Giuseppe. Chi crede veramente nell’incarnazione del Figlio di Dio – il Verbo della vita – si muove verso gli altri e, nell’umiltà e la gioia di servire, si rende disponibile ad amare, a servire, a gioire con gli altri, a curare le ferite del prossimo, a condividere le povertà, le miserie, i peccati e le fragilità di chi cammina con noi e vive accanto a noi. Natale è sinonimo di carne, di corpo, di corporeità, di cibo, di cuori e cose da condividere!
È questo il Natale di Francesco: la festa della vita, della fraternità, della gioia, della solidarietà. La festa della gioia!
fra Edoardo Scognamiglio
www.sanfrancescopatronoditalia.it
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