Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge.
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».
Le storture di peccato alle quali è obbligata dagli uomini la religione pura, immacolata, santissima del nostro Dio, da sempre hanno accompagnato il suo cammino nella storia. Il male dei mali, il peccato dei peccati è sempre uno: la trasformazione della religione in ipocrisia, in farsa, in recita, in struttura esterna, a servizio di pochi per l’oppressione di molti. La religione è luce. Se viene trasformata in tenebre oppressive è l’aberrazione. Non esiste nefandezza più peccaminosa e più devastante di essa. Sempre i profeti sono insorti contro tale aberrazione. Sempre hanno denunciato la nefandezza dell’uomo preposto alla cura e alla vigilanza perché nel rapporto con Dio nulla di impuro venisse a intromettersi. Ma il loro grido è stato sempre inascoltato.
“Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti. Ma essi come Adamo hanno violato l’alleanza; ecco, così mi hanno tradito. Gàlaad è una città di malfattori, macchiata di sangue. Come banditi in agguato una ciurma di sacerdoti assale e uccide sulla strada di Sichem, commette scelleratezze. Orribili cose ho visto a Betel; là si è prostituito Èfraim, si è reso immondo Israele. Anche a te, Giuda, io riserbo una mietitura, quando ristabilirò la sorte del mio popolo (Os 6,1-11).
Anche oggi il rischio dell’esteriorità è forte. È sempre facile costruire una religione fatta di cose, nella quale è assente Dio e l’uomo. È la religione del successo umano, della gloria effimera, della ricerca di posti da occupare, ministeri da esercitare, poltrone da sistemare. È facile anche cadere nella religione della simonia spirituale, oltre che materiale, nella quale si mettono in campo tutte le influenze per orientare decisioni, impostare trattative, ottenere risultati secondo la nostra volontà. Cambiano le modalità delle esteriorità, si evolvono, si aggiornano, diventano sempre più sottili, ma esse sempre divoreranno la vera religione e la renderanno un ammasso di interessi umani.
Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!
La religione dell’esteriorità, dell’ipocrisia, della pura formalità, della liturgia per la liturgia, è altamente inquinante. Chi la pratica resta infettato del suo male senza nemmeno accorgersene. I farisei di ieri e di oggi generano solo impurità, immoralità, male. Lo fanno però con naturalezza, essendo ormai tutta la loro vita divenuta esteriorità peccaminosa. La coscienza è incapace di reagire, illuminare, sorreggere, governare decisioni e atti. Il cuore è immerso nel fango e non vi è alcuna possibilità di poterne venire fuori. Occorre solo il miracolo di una creazione nuova. Ma anche questa impossibile perché essa è il frutto di vera conversione. Gesù sa che per i farisei e dottori della Legge del suo tempo, le sue parole mai sarebbero state ascoltate. Perché allora le pronunzia? Non certo solo per essi, ma anche per noi che saremmo venuti dopo di loro.
Gesù vuole che nessun suo discepolo cada nel peccato dell’ipocrisia e della vuota esteriorità. La purezza del Vangelo non lo consente, perché la sua religione non consiste in cose, bensì in un purissimo ascolto di ogni parola che esce dalla sua bocca. Nello Spirito Santo la Parola si ascolta. Nello Spirito Santo essa va vissuta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci mondi di cuore e mente.
Commento a cura del Movimento Apostolico
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