I BIMBI AL MEETING DI RIMINI – Oggi 250 bambini, in rappresentanza di tutti quelli che hanno vissuto le giornate del Meeting, saranno consegnati altrettanti palloncini sui quali verranno attaccati i biglietti di pace scritti e poi tradotti in arabo e inglese. Ogni bambino poi lascerà volare al cielo il suo, dalla propria casa, dal giardino, dal parco, dalla spiaggia o dal luogo che più preferisce.
Caterina si china sul biglietto, la penna in bocca, pensierosa cerca le parole giuste da scrivere. Lo guarda e lo riguarda, quasi a scrivere con gli occhi, se lo sistema sul tavolino e poi con la penna un “Vi voglio bene” seguito da tanti punti esclamativi. Con tutta la spontaneità dei suoi nove anni Caterina, da Milano, ha voluto lasciare il suo messaggio ai piccoli che vivono nelle zone di guerra come Gaza, Iraq, Siria e Nigeria. Piega il biglietto con cura, come se non volesse far scappare le parole dall’interno, si alza e lo infila dentro una grande scatola, dove fa cadere timidamente anche una monetina da un euro. Servirà, si spera insieme a tante altre monetine, al Patriarcato caldeo di Baghdad per provvedere ai bisogni delle famiglie in difficoltà. Un’iniziativa del Meeting pensata per rendere i bambini partecipi di quello che sta avvenendo ai loro coetanei che vivono nella guerra e nella persecuzione. Poco distanti i genitori, in silenzio, osservano Caterina che soddisfatta ricambia il loro sguardo. Insieme si allontanano.
Sono decine i bambini del Meeting di Rimini che ogni giorno si avvicinano a questo piccolo tavolino, prendono il biglietto da indirizzare ai loro coetanei “meno fortunati che conoscono la guerra” e scrivono. Sono soprattutto piccole preghiere, auguri di pace, frasi di vicinanza da affidare, ciascuna, ad un palloncino colorato perché volino in alto, più in Alto possibile. Eccoli i messaggi di pace dei bambini del Meeting. Quello di Francesca, 12 anni, “Tenete duro! sorridete che Dio vi ama!!! Dirò una preghiera per voi” o di Elisa e Matilde, 13 anni, “Carissimi, continuiamo a sperare nella vostra felicità, perché ogni bambino ha il diritto di vivere e sorridere”. La preghiera di Elena e Chiara, 3 e 4 anni, ha la calligrafia dei suoi genitori, “Grazie del vostro coraggio e preghiamo per voi” coniugata alla semplicità della loro tenera età. Ci sono anche frasi di incoraggiamento, di incitamento a non mollare come quelle di Giulia, 9 anni, “Non dovete aver paura, vedrete che si sistemerà tutto”, e di Giuditta, 6 anni, “non preoccupatevi: Dio vi sta vicino”. Difficile dire cosa questi bambini conoscano di quanto accade a Gaza, piuttosto che in Siria, in Iraq, in Ucraina o in Nigeria. “So che c’è la guerra – dice Marco, 11 anni, di Macerata, la cui famiglia ha adottato a distanza una bambina libanese – io vedo in tv immagini che mostrano la sofferenza di tanti bambini della mia età”. Dove questo accade non importa, il volto della sofferenza di un bambino non conosce confini. È uguale dappertutto, un unico teatro di guerra con sempre le stesse vittime sacrificali, i bambini. A loro scrivono anche Carlo, 10 anni, “spero che smetta la guerra, in modo che stiate bene e non abbiate la tensione che vi uccidano, così potrete divertirvi”, Marina, 9 anni, “vorrei salutare i bambini che hanno bisogno e dire di avere ancora speranza che quest’incubo finisca presto”. Nella grande scatola c’è anche un biglietto scritto in arabo.
Il tavolinetto continua a riempirsi. Arrivano altri piccoli, accompagnati dai genitori. “A volte sono loro a spingere le famiglie verso il tavolo – racconta Raffaella Ottaviani, responsabile del Villaggio Ragazzi dove si trova lo stand dell’iniziativa – per scrivere il biglietto. In altri casi, invece, sono le famiglie a indirizzare i loro figli. Si innesca così un momento di condivisione e di scambio su qualcosa che ci tocca dal profondo, come la sofferenza dei più piccoli. E ciò appare chiaro quando ci sono genitori che scrivono su dettatura dei loro figli più piccoli che non conoscono ancora l’alfabeto. Anche scrivendo si supera l’emozione del momento e si mettono cuore e occhi per le cose che ci circondano”. Senza voltarsi per non guardare quanto di male c’è nel mondo. Perché è “anche così che si educa alla pace”. I bambini del Meeting, accanto a quelli perseguitati e segnati da guerre e violenze, diventano ambasciatori di pace, di quella pace che gli adulti non riescono proprio a trovare. E allora non resta che chiederla a Dio. In modo simbolico ma non troppo. Oggi, venerdì 29 agosto, a 250 bambini in rappresentanza di tutti quelli che hanno vissuto le giornate del Meeting, saranno consegnati altrettanti palloncini sui quali verranno attaccati i biglietti di pace scritti e poi tradotti in arabo e inglese. Ogni bambino poi lascerà volare al cielo il suo, dalla propria casa, dal giardino, dal parco, dalla spiaggia o dal luogo che più preferisce, riempiendo il cielo di preghiere.
Anche Caterina, 5 anni, vuole affidare la sua preghiera ad un palloncino. Raggiunge il tavolo, prende penna e biglietto. Un lungo sospiro, come a scacciare l’emozione, e poi una breve frase: “Non vedo l’ora che venga Natale anche per voi”. Dai bambini al Bambino, Re della pace. dall’inviato Sir a Rimini, Daniele Rocchi