“Fare rete con l’educazione significa permettere alle persone di rialzarsi in piedi, di rimettersi in cammino con piena dignità, con la forza e il coraggio per affrontare la vita valorizzando i propri talenti e la propria operosità”. Con queste parole Papa Francesco ha accolto gli artisti del concerto di Natale in Vaticano. L’evento avrà luogo sabato 15 dicembre, in aula Paolo VI, per essere poi trasmesso su Canale 5 la notte di Natale alle ore 21.30. L’edizione 2018 sostiene due progetti: il primo, che investe sulla formazione professionale dei giovani, è realizzato da Missioni Don Bosco Valdocco Onlus in Uganda; mentre il secondo vede la Fondazione pontificia Scholas Occurrentes intervenire ad Erbil, in Iraq, dove la guerra ha posto una pesante ipoteca sul futuro di un’intera generazione. È possibile sostenere le iniziative inviando un SMS solidale al numero 45530, valido fino al 15 gennaio 2019.
“Fare rete con l’educazione”, dunque, precisa Papa Bergoglio nel discorso, “è una soluzione valida per spalancare i cancelli dei campi-profughi, consentire ai giovani migranti di inserirsi nelle società nuove, incontrando solidarietà e generosità e promuovendole a loro volta”.
“Fare rete con l’educazione, prima di tutto, per istruire i più piccoli fra i migranti, cioè coloro che invece di sedere fra i banchi di scuola, come tanti coetanei, passano le giornate facendo lunghe marce a piedi, o su mezzi di fortuna e pericolosi. Anche loro hanno bisogno di una formazione per potere un domani lavorare e partecipare da cittadini consapevoli al bene comune. E nello stesso tempo si tratta di educarci tutti all’accoglienza e alla solidarietà, per evitare che i migranti e i profughi incontrino, sul loro cammino, indifferenza o, peggio, insofferenza”.
Il Pontefice ringrazia gli artisti e quanti sono impegnati nei progetti di Missioni Don Bosco in Uganda e di Scholas Occurrentes in Iraq, incoraggiando tutti a proseguire nel proprio lavoro “per accendere in ogni cuore il calore e la tenerezza del Natale”.
“Il Natale è sempre nuovo, perché ci invita a rinascere nella fede, ad aprirci alla speranza, a riaccendere la carità. Quest’anno, in particolare, ci chiama a riflettere sulla situazione di tanti uomini, donne e bambini del nostro tempo – migranti, profughi e rifugiati – in marcia per fuggire dalle guerre, dalle miserie causate da ingiustizie sociali e dai cambiamenti climatici”.
Anche Gesù proveniva “da un altro luogo”: “dimorava in Dio Padre” ed è “venuto ad abitare in mezzo a noi, in mezzo ai nostri limiti e ai nostri peccati, per donarci l’amore della Santissima Trinità”. “L’ira violenta di Erode” poi costrinse il “piccolo Gesù” a vivere la condizione della “metà dei profughi di oggi”: “bambini, incolpevoli vittime delle ingiustizie umane”.
“A questi drammi la Chiesa risponde con tante iniziative di solidarietà e assistenza, di ospitalità e accoglienza. C’è sempre molto da fare, ci sono tante sofferenze da lenire e problemi da risolvere. C’è bisogno di un coordinamento maggiore, di azioni più organizzate, in grado di abbracciare ogni persona, gruppo e comunità, secondo il disegno di fraternità che accomuna tutti. Ecco perché è necessario fare rete”.
Barbara Castelli – Città del Vaticano
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