Jan Arriens, una carriera da diplomatico alle spalle, ha 72 anni e vive nella campagna inglese dello Shropshire un’operosa esistenza da pensionato. Mike Lambrix è americano e di anni ne ha 55 – trenta dei quali trascorsi nel braccio della morte in un penitenziario della Florida – e sa già che non festeggerà il suo prossimo compleanno: l’11 febbraio ha un appuntamento con il boia, pronto a eseguire la sentenza che lo ha condannato per duplice omicidio nel 1984.
Alla vigilia della propria morte, Mike incontrerà Jan per la prima volta, dopo una frequentazione durata oltre 25 anni. Per un quarto di secolo i due si sono scambiati confidenze, raccontati sogni e speranze, confessati delusioni e paure affidandole all’inchiostro e alla carta in un lungo rapporto epistolare, nato per caso ma con tenacia e disinteressata pietà umana evoluto e consolidato. Nel 1991, quando l’epistolario è cominciato, il nome di Lambrix era uno dei tanti nell’elenco dei condannati a morte sparsi per il mondo con cui i membri di “LifeLines”, l’associazione cofondata da Arriens, si erano impegnati a corrispondere, contrari alla pena capitale, alla vendetta spacciata per giustizia.
Oggi, il nome di Arriens è in cima alla lista delle persone che Lambrix ha scelto di incontrare prima dell’esecuzione, esercitando un diritto dei condannati: prossimo ad affrontare il suo destino, vuole guardare negli occhi l’amico lontano, vicino come un fratello.
Dare all’amicizia la concretezza di un abbraccio che non mai avuto, inequivocabile traduzione delle migliaia e migliaia di parole che restano nero su bianco nelle ottocento lettere che si sono scambiati il galeotto e il laureato a Cambridge. Con le lacrime agli occhi, Arriens ha confessato agli intervistatori della Bbc che nel corso dell’ultima telefonata dal carcere, Lambrix era più preoccupato delle sue condizioni che non delle proprie, di come si sentisse, se avesse paura, lui che si prepara a morire. «Sarà orribile dirgli addio – ha detto Jan – ma è l’ultima cosa che posso fare per Mike».
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Nicoletta Martinelli)