In una dichiarazione diffusa, ieri il Segretario generale del Wcc, il pastore Olav Tveit
, definisce gli ultimi sviluppi “tragici” e “inquietanti”, chiedendo solidarietà e “preghiere per tutto il popolo iracheno e in particolare per le minoranze cristiane e musulmane costrette a lasciare le loro case”.Venerdì, il patriarca caldeo Louis Sako aveva detto alla France Presse che le famiglie cristiane stanno raggiungendo il Kurdistan, sottolineando come “per la prima volta nella storia dell’Iraq, Mosul è ora senza cristiani”. Secondo il patriarca, fino a giovedì scorso erano ancora 25.000 i cristiani presenti nella città; poi, l’ultimatum trasmesso di venerdì dagli altoparlanti delle moschee ha scatenato una fuga di massa. Ma già nei giorni precedenti le case dei cristiani sono state segnate con la lettera N, per “Nassarah” (nazzareno), termine con cui nel Corano si fa riferimento ai cristiani.
“E’ triste vedere la fine della presenza secolare cristiana a Mosul”, ha commentato il rev.do Tveit che ha ribadito l’impegno di tutte le Chiese per il dialogo con le altre comunità etniche e religiose per proteggere il pluralistico” della società irachena.
A cura di Lisa Zengarini per la Radio Vaticana
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