Fabio Colagrande della Radio Vaticana ne ha parlato con Enzo Bianchi
, Priore della Comunità ecumenica:R. – In questo particolare momento noi abbiamo, come dice Papa Francesco, una terza Guerra Mondiale in atto, anche se non la chiamiamo tale. E’ come un focolaio terribile, soprattutto in Medio Oriente, dove proprio le confessioni cristiane sono le une accanto alle altre, soprattutto Chiese ortodosse orientali e cattoliche. Allora, il convegno ha voluto, proprio per questo, parlare della pace, dei pacificatori, sia guardando l’Oriente sia guardando anche la situazione europea in Ucraina. Quindi, è diventato un tema di estrema attualità, che è decisivo per il futuro del cristianesimo in quelle terre.
D. – Cosa significa che la pace ha anche una dimensione teologica e rivelativa?
R. – Per noi cristiani Gesù Cristo è la pace, non dimentichiamolo. Ed è lui che è venuto ad abbattere ogni muro, ogni separazione, ed è soltanto nel suo nome che si può davvero fare la pace, che è una pace – attenzione – come frutto non religioso: è la pace tra gli uomini, ma la sorgente, la fonte è Gesù Cristo stesso.
D. – I Padri della tradizione sia occidentale che orientale privilegiano l’aspetto spirituale rispetto a quello politico e sociale. E’ difficile passare dall’uno all’altro?
R. – Senza la pace interiore, la pace dello spirito, senza che noi arriviamo ad avere un uomo disarmato, ci saranno sempre conflitti e di conseguenza le guerre. Non si può pensare a una pace sociale, a una pace universale con degli uomini che sono personalmente armati, che non hanno negato la violenza che li abita e che non hanno preso nel cuore la mitezza. Quindi, le due cose sono strettamente legate.
D. – Dunque, qual è la via spirituale per divenire, come dice Papa Francesco, artigiani di pace?
R. – Si tratta di avere un atteggiamento di mitezza, di concordia, a partire dal nostro quotidiano: nella famiglia, nei nostri ambienti, nella società, e via, via, dargli anche una dimensione politica più grande. Ma non può darsi una pace politica se non c’è una pace che tocchi le persone nel loro quotidiano e che le renda artigiane della pace. Molto semplicemente.
D. – A Bose, per questo 22.mo Convegno ecumenico, ci saranno, tra le altre, delegazioni del Patriarcato di Mosca e della Chiesa ortodossa ucraina: cosa significa in questo momento di conflitto?
R. – Significa che anche là ci sarà un dialogo, anche là si cercherà di capire cosa i cristiani possono fare per la pace.
D. – E’ possibile, secondo lei, che le religioni aiutino a trovare la pace in un momento in cui sembrano a volte essere anche alla base dei conflitti?
R. – E’ necessario. Soprattutto il cristianesimo che ha come cuore della fede Gesù Cristo, principe della pace, o è cristianesimo fedele al Signore o non è cristianesimo ed è in concorrenza, allora, con le altre religioni: religione tra le religioni. (Radio VATICANA)
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